E’ stata confermata la costituzione delle parti civili, già ammesse dal giudice di prime cure, nel processo di appello per i 66 imputati, travolti dalla maxi inchiesta della Dda di Catanzaro “Jonny, che nel 2017 ha inferto un duro colpo al clan Arena di Isola Capo Rizzuto. Nell’aula bunker, davanti ai giudici di secondo grado, presidente Loredana De Franco, si sono costituiti il Comune di Isola Capo Rizzuto, il Ministero dell’Interno e l’Agenzia delle Entrate, la Federazione interregionale delle Misericordie di Calabria e Basilicata, l’Associazione Libera, la Confederazione nazionale delle Misericordie. La Corte di appello ha rinviato l’udienza al prossimo 13 novembre, giorno in cui i giudici decideranno, su istanza dei difensori, se sentire o meno il collaboratore di giustizia Santino Mirarchi, nel caso in cui la richiesta dovesse essere bocciata avrà luogo la requisitoria del sostituto procuratore della Dda Domenico Guarascio, titolare delle indagini. Le altre udienze calendarizzate sono quelle del 27 novembre e dell’11 dicembre e nel frattempo sono stati sospesi i termini di decorrenza della misura cautelare.
Gli imputati e i capi di accusa
Gli imputati e i capi di accusa
Alla sbarra Armando Abbruzzese; Salvatore Abbruzzo; Francesco Aceto; Antonio Francesco Arena, (28 anni); Francesco Arena, (40enne); Francesco Antonio Arena detto “Antonio”,; Francesco Arena (60enne); Giuseppe Arena “tropeano”; Giuseppe Arena, figlio di Pasquale Arena, detto Nasca, (32enne); Pasquale Arena, detto “nasca” (62enne); Pasquale Arena (27enne); Salvatore Arena, alias Ricchia (50 anni); Luciano Babbino; Francesco Bruno; Francesco Caiazzo; Leonardo Catarisano, detto Nando; Giuseppe Cosco; Raffaele Di Gennaro, alias Lello; Domenico Falcone, detto Mimmo, Salvatore Foschini; Fiore Gentile; Francesco Gentile; Tommaso Gentile; Antonio Giglio; Nicolino Gioffrè; Aldo Giordano; Aurelio Giordano; Lorenzo Giordano; Maurizio Greco; Francesco Gualtieri; Andrea Guarnieri; Nicola Lentini; Paolo Lentini, alias Pistola; Rosario Lentini, alias Liborio; Vincenzo Lentini; Giuseppe Lequoque, alias Peppe Cannuno; Costantino Lionetti; Francesco Martaridonna; Luigi Miniaci; Pasquale Morelli;Antonio Giuseppe Morrone; Paolo Muccillo; Benito Muto; Domenico Nicoscia, (40enne); Salvatore Nicoscia; Fortunato Pirrò, alias Barzetta; Antonio Poerio, (49enne); Antonio Pompeo; Giuseppe Pullano; Domenico Riillo; Francesco Romano; Maria Grazia Scerbo; Paolo Muccillo; Francesco Taverna, Roberto Valeo, alias killer, Leonardo Sacco; Antonio Poerio; Angelo Muraca; Stefania Muraca; Fernando Poerio; Mario Ranieri; Mario Guareri; Santo Tipaldi,Maria Morrone; Mario Manfredi; Domenico Mercurio e Silvia Muraca.
Dovranno difendersi da una sfilza di reati: dall’associazione di tipo mafioso, all’estorsione, al porto e detenzione illegale di armi. E ancora, devono rispondere di intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose.
Le mani del clan sul Cara di Isola
La cosca Arena aveva messo per più di un decennio le mani sul centro di accoglienza immigrati “Cara” di Isola Capo Rizzuto, riuscendo ad accaparrarsi gli appalti indetti dalla Prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione con l’aiuto del governatore della “Fraternità di misericordia” Leonardo Sacco. Servizi affidati ad imprese costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti.
Le scommesse on line
L’inchiesta ha permesso di provare che la potente famiglia di ‘ndrangheta ha acquisito e mantenuto una “posizione dominante” nel settore della raccolta delle scommesse on line e del noleggio degli apparecchi da intrattenimento nella città di Crotone e nel suo hinterland, conseguendo enormi profitti, alterando gli equilibri e precludendo l’accesso ad altri operatori commerciali. In particolare la società bookmaker “Centurion Bet Ltd”, attiva nel settore delle scommesse, operante in Italia con oltre 500 agenzie e ramificata in tutto il mondo, avrebbe messo a disposizione i propri circuiti di gioco on line alla società Kroton Games, attiva nella provincia di Crotone ed espressione commerciale della cosca Arena, determinando volumi di fatturato, sottratti al fisco, per decine di milioni di euro.
La longa manus della cosca nel capoluogo
La cosca Arena, secondo le risultanze investigative, aveva imposto la propria presenza anche sull’area jonica della provincia di Catanzaro dove o attraverso i suoi affiliati o per mezzo di fiduciari o con il sostegno di cosche alleate, aveva monopolizzato il business delle estorsioni ai danni di esercizi commerciali e imprese anche impegnate nella realizzazione di opere pubbliche. Tra il 2015 ed il 2016 infatti, in particolare a Catanzaro e nei comuni di Borgia e Vallefiorita, una cellula della cosca, dipendente dalla cosca madre di Isola Capo Rizzuto ma radicata nel capoluogo, aveva messo a segno una serie infinita di danneggiamenti a fini estorsivi per esercitare il controllo sull’area.
Il collegio difensivo
Eugenio Felice Perrone, Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino, Anna Marziano, Stefano Nimpo, Romualdo Truncè, Saverio Loiero, Vittoria Aversa, Gregorio Viscomi, Mario Prato, Giovanni Merante, Rosina Levato, Francesca Bonopane, Luigi Villirilli, Giuseppe Merante, Gianni Russano, Vincenzo Girasole, Marinella Chiarella, Emilio Vitaliano, Francesco Laratta, Roberta Succi, Vincenzo Ioppoli, Francesco Gambardella, Francesco Iacopino, Nicola Tavano, Tiziano Saporito, Francesca Buonopane, PaoIo CoIosimo, Giovanni Vecchio, Francesco Catanzaro, Valerio Vianello Accoretti, Giorgio Accoretti Vianello, Roberto Coscia, Gianfranco Chiariello, Rocco Corda, Giuseppe Barbuto, Mario Turano, Pasquale Lepera, Giovanni Figliomeni, Antonietta Gigliotti De Nicolò, Sergio Rotundo, Mario Nigro, Giuseppe Napoli, Nico D’Ascola, Valter Burani, Luca Cianferoni, Michele Bonsegna, Emilio Siviero, Guido Perri, Gianluca Vassai e Salvatore Iannone. (g. p.)