“Si pensa che non ci sia nulla nei posti in cui non si va”. Così il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, apre la conferenza stampa in cui delinea i tratti di una maxi operazione, “Karpanthos”, che porta con sé significative rivelazioni. Prima tra tutte, l’indagine ha permesso di documentare l’esistenza della cosca di ‘ndrangheta “Carpino” di Petronà, nonché dell’alleato gruppo criminale di Cerva, i cui tentacoli si sono stretti, stando alle rivelazioni dell’attività investigativa, sullo scambio elettorale politico in occasione delle elezioni comunali del 2017.
Il gruppo dei Cervesi, infatti, avrebbe agganciato la locale amministrazione comunale, mediante il procacciamento di voti per alcuni degli indagati in cambio della promessa di denaro e di una percentuale sugli appalti pubblici. Candidati, peraltro, eletti in quella tornata e poi riconfermati nelle consultazioni del 2022.
Dall’omicidio Rosso agli affari nel Nord Italia
“Dal 2015 stiamo lavorando in questi piccoli paesi tra le province di Catanzaro e Crotone e abbiamo visto una effervescenza sul piano mafioso in questi comuni – ha poi aggiunto Gratteri -. Intanto ci sono stati diversi omicidi: come quello del macellaio Rosso, avvenuto nell’aprile del 2015. È poi saltato fuori l’aspirante collaboratore di giustizia Monti, che poi si pentito di essersi pentito grazie al lavoro ai fianchi fattogli dalla moglie. Ma partendo da lì siamo riusciti a ricostruire, secondo l’imputazione, una associazione a delinquere di stampo mafioso e una associazione a delinquere dedita al traffico di stupefacenti. Ciò ha portato agli arresti di 52 presunti innocenti (ma gli indagati sono in tutto 61, ndr.), arrestati anche in Piemonte, Lombardia e Umbria; soggetti che erano proiezioni di queste associazioni mafiose nel Nord Italia”.
Capomolla: “Area di fatti delittuosi particolarmente inquietanti”
L’area di riferimento dell’attività investigativa condotta, ha poi precisato il procuratore vicario Vincenzo Capomolla, “è un’area che per molto tempo non è stata interessata da provvedimenti cautelari ma che negli anni passati è stata caratterizzata da una recrudescenza di fatti delittuosi anche particolarmente inquietanti. Fatti che non hanno interessato solo quest’area di riferimento, ma anche soggetti che si erano stabiliti in altri territori nazionali, specie in Toscana”. Particolare attenzione, infatti, ci sarebbe stata su fatti accaduti nella provincia di Arezzo. “Si tratta di una storia criminale che si innesta su vicende che hanno riguardato soggetti con una certa rilevanza sul controllo del territorio dei comuni di Petronà e di Cerva, per cui la loro attività risulta particolarmente invasiva, tant’è che l’indagine ha interessato soggetti per scambio politico-mafioso”.
La storia criminale della cosca Carpino
Coinvolta negli anni duemila in una sanguinosa faida, la cosca Carpino è operante nella presila catanzarese e con ramificazioni in Liguria e Lombardia, nonché dell’alleato gruppo criminale di Cerva, detto dei Cervesi, con estensioni in Piemonte e Lombardia, entrambi ora ricadenti sotto l’influenza del locale di Mesoraca (KR), dediti principalmente alle estorsioni in danno degli imprenditori edili e dei commercianti della presila catanzarese attuate mediante incendi e danneggiamenti, alle rapine a mano armata, al riciclaggio e all’intestazione fittizia di beni, al traffico di cocaina e marijuana con differenti canali di approvvigionamento, riconducibili comunque a soggetti operanti nei territori di Cutro o Mesoraca.
L’operazione “Karpanthos” – antico nome della città di Petronà -, condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Catanzaro, ha consentito di intervenire nell’area ai confini con la provincia di Crotone, dimostrando l’esistenza e l’attuale operatività del sodalizio di ‘ndrangheta, nonché di un’organizzazione dedita a un fiorente spaccio di sostanze stupefacenti, operante sullo stesso territorio, di cui fanno parte alcuni affiliati.
Nelle mani della cosca di Petronà, inoltre, ci sarebbe stato un dipendente dell’Agenzia delle Entrate che aveva messo la propria funzione a disposizione di un affiliato, manifestando la propria disponibilità a ricevere dei falsi, riguardanti proprietà di quest’ultimo, per evitare che costui incorresse in sanzioni o che dovesse pagare l’IMU e ottenendo, in cambio la promessa di favori di varia natura.
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