La calabrese Calderaro isola il SarsCov2 da neonato: è la prima volta

La scoperta scientifica è stata fatta a Parma, da una donna calabrese. Per la prima volta il SarsCov2 è stato isolato da un neonato e replicato in laboratorio.

Prima firmataria dello studio è la direttrice della Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia dell’ateneo, la cosentina Adriana Calderaro. Una scoperta che, oltre a retrodatare l’inizio dell’epidemia nell’area, apre anche a importanti sviluppi futuri. L’isolamento è stato effettuato nei laboratori di Virologia dell’Università ed il dato è pubblicato su ‘International Journal of infectious diseases’. Il neonato era ricoverato per una lieve affezione respiratoria e lo sviluppo in coltura del virus è avvenuto dopo 10 giorni, probabilmente anche a causa della bassa carica virale. Proprio l’esame colturale ha consentito di dimostrare l’infettività del virus. Il risultato è, secondo le ricercatici, “rilevante”. Innanzitutto, dimostra che la circolazione di questo nuovo virus nella popolazione pediatrica avveniva “già prima dell’epidemia riconosciuta in città” e questo supporta l’ipotesi che nei bambini la circolazione del virus “è spesso misconosciuta in virtù dei sintomi lievi”. Infatti, spiega Calderaro all’ANSA, “il focolaio epidemico a Parma è stato dichiarato dal 5 marzo, ma in realtà il virus stava circolando in modo silente da ben prima che si registrasse un numero consistente di casi. Tanto che ad esserne infettato è stato un lattante i cui genitori sono risultati negativi. E’ dunque probabile che il bimbo si sia infettato da un soggetto asintomatico. Questo ci fa capire che c’è stata una subdola diffusione del virus ben prima di quanto stimato”. Ma tale scoperta consentirà anche un ulteriore e fondamentale passo avanti nella ricerca: “quello isolato nel neonato è un virus ‘vergine’ poichè il bambino non aveva ricevuto alcuna terapia o interazione farmacologica. E’ cioè un prodotto virale ‘selvaggio’ che – sottolinea l’esperta – possiamo ora studiare in tutte le sue caratteristiche così come è presente in natura”. Con uno sviluppo che potrà dimostrarsi cruciale: “Confronteremo ora il virus ‘vergine’ isolato dal lattante con quelli isolati da soggetti adulti o bambini per rilevare quali sono le eventuali differenze e al fine di verificare – conclude la virologa – se il virus è mutato”.

Prima firmataria dello studio è la direttrice della Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia dell’ateneo, la cosentina Adriana Calderaro. Una scoperta che, oltre a retrodatare l’inizio dell’epidemia nell’area, apre anche a importanti sviluppi futuri. L’isolamento è stato effettuato nei laboratori di Virologia dell’Università ed il dato è pubblicato su ‘International Journal of infectious diseases’. Il neonato era ricoverato per una lieve affezione respiratoria e lo sviluppo in coltura del virus è avvenuto dopo 10 giorni, probabilmente anche a causa della bassa carica virale. Proprio l’esame colturale ha consentito di dimostrare l’infettività del virus. Il risultato è, secondo le ricercatici, “rilevante”. Innanzitutto, dimostra che la circolazione di questo nuovo virus nella popolazione pediatrica avveniva “già prima dell’epidemia riconosciuta in città” e questo supporta l’ipotesi che nei bambini la circolazione del virus “è spesso misconosciuta in virtù dei sintomi lievi”. Infatti, spiega Calderaro all’ANSA, “il focolaio epidemico a Parma è stato dichiarato dal 5 marzo, ma in realtà il virus stava circolando in modo silente da ben prima che si registrasse un numero consistente di casi. Tanto che ad esserne infettato è stato un lattante i cui genitori sono risultati negativi. E’ dunque probabile che il bimbo si sia infettato da un soggetto asintomatico. Questo ci fa capire che c’è stata una subdola diffusione del virus ben prima di quanto stimato”. Ma tale scoperta consentirà anche un ulteriore e fondamentale passo avanti nella ricerca: “quello isolato nel neonato è un virus ‘vergine’ poichè il bambino non aveva ricevuto alcuna terapia o interazione farmacologica. E’ cioè un prodotto virale ‘selvaggio’ che – sottolinea l’esperta – possiamo ora studiare in tutte le sue caratteristiche così come è presente in natura”. Con uno sviluppo che potrà dimostrarsi cruciale: “Confronteremo ora il virus ‘vergine’ isolato dal lattante con quelli isolati da soggetti adulti o bambini per rilevare quali sono le eventuali differenze e al fine di verificare – conclude la virologa – se il virus è mutato”.

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