di Mimmo Famularo – Galeotta fu una colica renale. Così il figlio di Mimmo Tallini, Giuseppe, ha scoperto chi c’era realmente dietro l’affare FarmaEko, la società di distribuzione di farmaci costituita nell’estate del 2015 e finita al centro dell’inchiesta “Farmabusiness” che ha svelato i presunti rapporti tra il potente clan dei Grande Aracri e il presidente del Consiglio regionale della Calabria, finito ai domiciliari. Circostanze definite dagli inquirenti “fortuite e banali” quelle che hanno portato Giuseppe Tallini (che non risulta nell’elenco degli indagati) a sapere chi è realmente Salvatore Grande Aracri e che lo zio di quest’ultimo, il boss Nicolino, è direttamente interessato all’affare.
La rivelazione del “guardiano”
La rivelazione del “guardiano”
L’episodio citato nell’ordinanza firmata dal gip Giulio De Gregorio è datato 30 agosto 2015. Quel giorno l’addetto alla “guardiania” del consorzio, un cittadino straniero, uomo di fiducia di Salvatore Grande Aracri, accusa una colica renale che lo costringe al ricovero in ospedale. Ad accompagnarlo ci pensano Giuseppe Tallini e la moglie. Proprio in quelle ore gli investigatori intercettano una conversazione telefonica tra Salvatore Grande Aracri e il commercialista Paolo De Sole dove quest’ultimo “riferisce al proprio interlocutore che il ‘guardiano’ aveva svelato a Giuseppe Tallini di lavorare presso il Consorzio poiché deciso da Salvatore Grande Aracri, il nipote di Nicolino, lasciando intendere di sapere dell’interesse di quest’ultimo al predetto affare economico”. Una rivelazione confermata dallo stesso Tallini junior a De Sole il quale al telefono con Salvatore Grande Aracri censurava il comportamento del guardiano “sia per aver spaventato Giuseppe Tallini, sia perché aveva disvelato talune notizie che, qualora diffuse, avrebbero creato seri problemi alla loro attività economica”. Gli inquirenti sottolineano come nella conversazione tra i due “non emerga alcuna preoccupazione in merito alle eventuali reazioni di Domenico Tallini, padre di Giuseppe”. Nonostante questo episodio, osserva il gip, Giuseppe Tallini continuerà a restare al suo posto e neppure l’atteggiamento del padre muterà.
La consapevolezza dei Tallini
Per la Dda di Catanzaro il presidente del Consiglio regionale della Calabria “pur consapevole del reimpiego di capitali illeciti, provenienti dal delitto associativo di stampo ‘ndranghetistico, concorreva nei progetti commerciali inerenti alla distribuzione dei farmaci” imponendo anche l’assunzione del figlio Giuseppe e il suo ingresso nella FarmaEko come consigliere “così – si legge negli atti dell’indagine – da contribuire all’evoluzione dell’attività imprenditoriale del Consorzio farmaceutico, fornendo il suo contributo nonché le sue competenze e le sue conoscenze anche nel procacciamento di farmacie da consorziare”. In questo modo, continuano gli inquirenti, “rafforzava la capacità operativa del sodalizio nel controllo di attività economiche sul territorio, incrementando la percezione della capacità di condizionamento e, correlativamente, di intimidazione del sodalizio, accrescendo la capacità operativa e il prestigio sociale e criminale” del clan.