di Mimmo Famularo – Due pesi, due misure. Garantista con gli alleati, giustizialista con gli avversari politici. L’ultima uscita pubblica di Luigi de Magistris somiglia a un autogol perché, seppur giusta nella forma, è imbarazzante nella sostanza (LEGGI QUI). Da una parte “bacchetta” il senatore Giuseppe Mangialavori, coordinatore regionale di Forza Italia, tirato in ballo dal collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena che lo ha accusato di aver preso i voti della ‘ndrangheta. Dichiarazioni messe a verbale da un pentito e tutte da riscontrare tant’è che il parlamentare vibonese non risulta indagato benché il suo nome inizi a circolare tra le pagine delle inchieste della Dda di Catanzaro. Dall’altra l’ormai ex sindaco di Napoli dimentica di aver tra i suoi alleati e sostenitori Domenico Lucano che da Riace punta al grande salto in Consiglio regionale. Lui non è semplicemente un indagato ma addirittura un imputato per presunti illeciti nella politica di accoglienza dei migranti. Nei suoi confronti il sostituto procuratore di Locri ha chiesto una condanna a sette anni e undici mesi di reclusione. Non proprio bazzecole. In particolare Lucano è finito nel calderone del processo “Xenia” con l’accusa di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un processo “politico” al “modello Riace”? Forse sì o forse no.
La logica del “populismo giustizialista”
La logica del “populismo giustizialista”
Di sicuro chi sceglie la strada del garantismo deve farlo fino all’ultimo grado di giudizio ma se invece prevale la logica del “populismo giustizialista” non c’è destra o sinistra e, in questo caso, de Magistris rischia di scivolare su una buccia di banana. E, allora, se per questioni di opportunità Mangialavori dovrebbe autosospendersi dalla Commissione parlamentare antimafia e chiedere di essere ascoltato dalla Dda di Catanzaro per chiarire la sua posizione in merito a quelle che lui definisce pubblicamente delle “illazioni” (LEGGI QUI); Mimmo Lucano dovrebbe invece ritirare la sua candidatura per un posto tra i banchi del prossimo Consiglio regionale e astenersi dal fare campagna elettorale. Almeno fino a quando il Tribunale di Locri non si esprimerà con una sentenza di condanna o, come auspichiamo tutti, con un verdetto di assoluzione che riabiliti l’ex sindaco di Riace, “infangato” da accuse gravissime mosse non da un pentito ma da una Procura della Repubblica.