La farsa di Grande Aracri e l’astuzia di Gratteri: “Non può prenderci in giro, lei non è un pentito”

Nei verbali del 21 e del 22 aprile emerge il fine strategico del boss. Il procuratore capo: "Si comporta da spettatore non da capo crimine"

di Gabriella Passariello – Ricostruzioni del tutto alternative, scollegate dagli elementi di prova, dichiarazioni fantasiose rese non da un “capo crimine”, ma da un “semplice spettatore”. Nei verbali del 21 e del 22 aprile emerge il fine strategico del falso pentito Nicolino Grande Aracri: quello di offrire un paravento ai suoi familiari e sodali più stretti, anche per quanto riguarda gli omicidi inerenti il processo ‘Scacco Matto’, dove sono intervenute sentenze definitive all’ergastolo, compendiate dall’analisi di dati intercettivi, che ricostruiscono la faida fra le due famiglie Dragone-Grande Aracri (LEGGI QUI). Il boss dell’omonima cosca di Cutro tende a ridimensione l’effettiva sussistenza di una vera e propria guerra intrapresa dal suo gruppo con la famiglia Dragone, introducendo un inedito storico mai riscontrato: produce dichiarazioni etero accusatorie, rispetto all’ideazione degli omicidi di Raffaele Dragone e, successivamente di suo padre, Antonio Dragone, nei confronti, tra gli altri, dei componenti della famiglia Capicchiano, senza però indicare con precisione il commando dei gruppi di fuoco di questa famiglia nell’esecuzione degli omicidi e senza fornire riscontri alle versioni date. Nega o mostra di non sapere che all’omicidio di Antonio Dragone vi abbiano preso parte il fratello Ernesto Grande Aracri o altri killer già condannati per questo delitto e, rispetto agli omicidi di Antonio Macrì e Salvatore Arabia, mano di gomma smentisce che vi abbiano mai partecipato Vito Martino e il fratello Ernesto, in aperto contrasto con sentenze già passate in giudicato.

“Io non le dò il programma di protezione”

“Io non le dò il programma di protezione”

Versioni che stridono con la realtà dei fatti e che hanno provocato la reazione dura, decisa del procuratore capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri: “Allora Grande Aracri, mi segua, io sono salito stamattina appositamente per guardarla negli occhi e dirle che io non sono intenzionato a farle il programma di protezione,  sono intenzionato a ritornare esattamente come un mese fa, come se nulla fosse, come se non ci fossimo mai visti. Perché io non posso portarla in udienza, io non posso portarla in un dibattimento, perché gli avvocati la fanno a fette, in controesame, quando lei dà questo tipo di risposte. Io le dico adesso, ci fermiamo dieci minuti, ci prendiamo un bicchiere d’acqua, ci calmiamo tutti, lei parla con il suo avvocato, ma sappia che io sono salito stamattina appositamente per dirle che io programma di protezione non gliene faccio. Quindi se ne va ora nell’altra stanza con il suo avvocato e ci vediamo tra poco. (…). Lei deve decidere se vuole fare il collaboratore di giustizia o meno, questo deve decidere, perché in questo modo lei non è un collaboratore di giustizia (…)”.

“Quando dà le risposte pensa a come difendere Tizio e Caio”

L’interrogatorio prosegue, ma senza i risultati sperati: Grande Aracri contesta le inchieste e i processi della Dda. Una sorte di braccio di ferro di fronte al quale Gratteri non usa mezzi termini nel dirgli: “Grande Aracri mi ascolti. Noi abbiamo tante cose da fare nel mio ufficio e abbiamo tante indagini, abbiamo tante persone che vogliono essere interrogate e che sono in fila indiana per essere interrogate. Ora io ho i sostituti contati per aree, per zone. Lei pensa che io posso permettermi il lusso di mandare Guarascio o Sirleo o Capomolla qui o la Calcagno qui con lei, a stare un’ora a discutere dell’interpretazione delle intercettazioni?! Cioè se uno decide di parlare, deve dire esattamente quello che ha vissuto come picciotto, come camorrista, come sgarrista, come santista. Mi sarei aspettato da lei non dico il primo giorno, ma il secondo giorno, che incominciasse a descrivere tutti i reati commessi, raccontando dettagli, raccontando le persone, descrivendo le persone, le frasi dette, perché lei è stato nella sua vita uno stratega. Ora qui viene davanti a noi a balbettare e mentre parla ha lo stesso approccio psicologico di quando fa le spontanee dichiarazioni di un’ora in udienza. Così non si può andare avanti, non si va da nessuna parte, non serve né alla giustizia né a lei come persona e né alla sua famiglia. Sta continuando a controbattere e a disquisire su una frase, su un aggettivo, un sostantivo di Guarascio o di Capomolla. Mentre dà la risposta pensa a come non coinvolgere Tizio, Caio e Sempronio. Con questo tipo di approccio mentale lei non va da nessuna parte. Ma lei pensa che io vengo qui a passare le giornate intere a discutere e a fare il braccio di ferro su cose già scontate, dove ci sono quatto esecutori materiali che dicono come è andato un omicidio, lei si mette a contestare o a interpretare le intercettazioni. E non le abbiamo letto le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia! Sulle stesse cose che lei ha raccontato ci sono quattro persone che dicono cose diverse dalle sue. Ma dove volete che andiamo?”.

“Grande Aracri non mi faccio prendere in giro da lei”

Gratteri prosegue incalzando il boss di Cutro: “A 62 anni vuole che io faccia la figura del ridicolo, che mi faccio prendere in giro da Nicolino Grande Aracri”. Mano di gomma si difende, sostenendo di attenersi alla verità dei fatti nelle sue dichiarazioni: “Dottò se voi pensate che io, praticamente fino a mo v’haju pighiatu in giro, mi pare una cosa stranissima, perché io ho raccontato i fatti, già tre omicidi che li ho fatti io direttamente, ve li ho detti chi l’haju fatti”.

La Dda smaschera il falso pentito

L’astuzia della Dda di Catanzaro nel corso di quell’interrogatorio è stata quella di non chiedere fatti inediti, ma già assodati, proprio per saggiare la credibilità del pentito: “Noi oggi – aggiunge Gratteri –  le abbiamo fatto domande su omicidi dove abbiamo la prova di come sono andati i fatti, non i gravi indizi di colpevolezza, la prova, per questo sono salito qua oggi. Non siamo qui per parlare di cose nuove o inedite, noi stiamo parlando di cose acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale e siamo pronti a chiedere la condanna, ci sono persone che hanno spiegato per filo e per segno come stanno le cose. E lei qui capo crimine, sta a fare le pulci a ogni frase che dice Capomolla o a ogni frase che dice Guarascio. Ma stiamo scherzando?! Ma qua c’è gente, c’è l’ultimo della ‘ndrangheta, l’ultimo dei garzoni di ‘ndrangheta che si siede qui dove è seduto lei. Sa quanta gente abbiamo sentito qua? Che parlano come l’Ave Maria! E lei qua è da stamattina che stiamo facendo il braccio di ferro… Si comporta non da capo crimine, ma da spettatore”.

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