(D.C.) – Un’antica arte, quella della seta, che per secoli ha nobilitato e connotato il territorio catanzarese. Una tradizione poi purtroppo ‘svanita’ con il tempo. Ma che talvolta viene rinverdita in maniera virtuosa.
È ad esempio il caso di Miriam Pugliese, la giovane la cui storia non smette di essere raccontata dai media nazionali. Si tratta infatti di una ragazza cresciuta nel Nord, ma di chiare origini calabresi, tornata in una terra difficile per mettersi al telaio. Sì, avete capito bene. Perché ha trovato – per così dire – tre ettari di campagna abbandonati e un museo chiuso da anni nei pressi di San Floro, località nell’hinterland del capoluogo.
È ad esempio il caso di Miriam Pugliese, la giovane la cui storia non smette di essere raccontata dai media nazionali. Si tratta infatti di una ragazza cresciuta nel Nord, ma di chiare origini calabresi, tornata in una terra difficile per mettersi al telaio. Sì, avete capito bene. Perché ha trovato – per così dire – tre ettari di campagna abbandonati e un museo chiuso da anni nei pressi di San Floro, località nell’hinterland del capoluogo.
E proprio qui, partendo da circa 3.600 piante di gelso appunto memoria della fastosa gelsibachicoltura del luogo, ha rilanciato il meglio dell’artigianato e dato impulso a una filiera virtuosa che oggi offre un lavoro a quindici persone. Una bella fiaba calabrese