Intercettazioni e pedinamenti. Così i carabinieri del Ros e dei comandi provinciali di Genova e Vibo sono riusciti a individuare i fiancheggiatori di Pasquale Bonavota e a mettersi sulle sue tracce fino a localizzarlo a capoluogo ligure dove oggi è stato catturato dopo quattro anni di latitanza. L’operazione è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e dietro la cattura del super latitante, il più ricercato dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, c’è la firma di Nicola Gratteri: “Siamo arrivati a scoprire che si nascondeva a Genova – dice il procuratore di Catanzaro – grazie alle intercettazioni telefoniche, quelle che si dice non servano e che invece ancora una volta si sono rivelate come uno strumento fondamentale. Sono serviti pedinamenti, grande studio dei telefoni e delle chat. Così siamo riusciti a risalire ai profili di tutti i suoi favoreggiatori”. Altrettanto importante la sinergia tra la Procura di Catanzaro e le varie articolazioni dei carabinieri. “E’ stato fatto – sottolinea Gratteri – un lavoro importante reso possibile attraverso il rapporto collaudato tra la Procura e le forze dell’ordine non solo appartenenti al distretto giudiziario catanzarese”.
Catturato a Genova come il fratello
Catturato a Genova come il fratello
Pasquale Bonavota è stato catturato a Genova, in Liguria, una delle roccaforti dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio. Anche il fratello Domenico fu arrestato dopo un lungo periodo di latitanza nel capoluogo ligure nel 2008 dove è stato preso in una spiaggia a Voltri mentre con un altro ricercato, Antonio Patania, stavano salendo a bordo di un’automobile al termine di una giornata trascorsa in spiaggia. A distanza di 15 anni la storia si ripete e anche la fuga di Pasquale Bonavota si è conclusa in Liguria, in una chiesa di Genova dove si era recato nella mattinata di oggi non sapendo di essere ormai finito nel mirino dei carabinieri. “Aveva delle persone vicine, ma lui si nascondeva anche all’estero. Come in Francia. Siamo riusciti ad arrestarlo dopo mesi che lo seguivamo”, spiega Nicola Gratteri. Un paio di settimane fa i carabinieri avevano organizzato un blitz a Sant’Onofrio rastrellando tutta la zona dove abitano i familiari del latitante. Nulla di fatto. Almeno in quel caso. Diverse piste portavano fuori dalla Calabria: a Roma, il centro dei principali affari di Bonavota, ma anche in Piemonte, tra Moncalieri e Carmagnola, dove diverse indagini hanno svelato la presenza di un’articolazione di ‘ndrangheta riconducibile alla famiglia di Sant’Onofrio. Tentacoli che arrivavano fino a Genova e alla Liguria, altro zona di interesse della “famiglia” Bonavota. “Era una persona al vertice dell’organizzazione criminale e non per questo era il primo della lista dei super latitanti in Italia. Un capo – sottolinea Gratteri – non può stare fermo, deve continuare a muoversi e a gestire gli ‘affari’, se no perde il potere all’interno della cosca”. (mi.fa.)
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