Pagina 125 dell’ordinanza di custodia cautelare dell’inchiesta “Nuova narcos europea” contro il clan Molè di Gioia Tauro. Dalle carte spunta un intero capitolo che riguarda il tentato omicidio di Dominic Signoretta, non un personaggio qualsiasi ma il presunto armiere del boss Pantaleone Mancuso, alias “l’ingegnere”. Un agguato di chiaro stampo mafioso avvenuto a Nao, frazione di Ionadi, il 19 maggio del 2019. Quella sera una pioggia di proiettili investì l’abitazione di Signoretta, già indicato dal pentito Arcangelo Furfaro come uno dei killer che il 17 giugno del 2011 assassinarono il broker della droga Domenico Campisi di Nicotera nell’ambito di una vera e propria guerra che lasciò sul campo di battaglia anche un altro narcos vibonese di primo livello: Vincenzo Barbieri di San Calogero.
Le rivelazioni del pentito e la vendetta di Campisi
Le rivelazioni del pentito e la vendetta di Campisi
Secondo la Dda di Reggio Rocco Molè avrebbe fornito “sostegno incondizionato” ad Antonio Campisi (figlio di Domenico) partecipando alle fasi di preparazione del tentato omicidio di Signoretta. Un agguato che sarebbe stato organizzato da Campisi quale vendetta per l’omicidio del padre Domenico, a sua volta legato da un rapporto di comparato con Girolamo Molè cl. ’61, padre di Rocco. A scatenare la vendetta sarebbero state le rivelazioni del pentito Arcangelo Furfaro: “Si può affermare – si legge nelle carte – che una delle causali poteva essere stata la scoperta, che a uccidere il padre di Campisi, erano stati proprio Signoretta e Giuseppe Mancuso, figlio di Pantaleone detto ‘I’ingegnere'”. Il collaboratore di giustizia aveva precedentemente dichiarato ai magistrati antimafia: “Rocco Molè, inoltre, prima ancora che io venissi tratto in arresto, era in rapporti con il figlio di Campisi che poi verrà ucciso da Dominic Signoretta e Giuseppe Mancuso su mandato di Pantaleone Mancuso dello l’ingegnere e Pantaleone Mancuso alias ‘Scarpuni’ per contrasti legati al traffico di stupefacenti”. Dichiarazioni che avrebbero “ingenerato sentimenti di odio e di vendetta nei confronti di Signoretta” che peraltro era stato già indagato nell’operazione ‘Mediterraneo’ per traffico di sostanze stupefacenti, condotta dalla Dda di Reggio Calabria proprio contro la cosca Molè di Gioia Tauro.
Il sopralluogo a Ionadi
Nello specifico vengono riferiti i collegamenti tra Antonio Campisi, figlio del morto ed animato da propositi di vendetta, e Rocco Molè, ritenuto il rampollo dell’omonimo sodalizio mafioso. I due, a bordo di una Fiat Panda, avrebbero effettuato il sopralluogo all’abitazione di Signoretta sostando nei pressi della stessa e successivamente vicino a un acquedotto. Arrivati in via Pisa Campisi indicava a Molé: “La casa è quella”, e in quel momento il sistema di localizzazione satellitare registrava il transito della vettura in corrispondenza con l’abitazione di Signoretta. Terminato il sopralluogo, Molè aveva chiesto se da quella strada potevano uscire in modo da prendere la statale 18, ma Campisi gli avrebbe indicato un’altra via.
“Commando partito da Gioia Tauro”
L’agguato teso a Signoretta era avvenuto alle 21.40 del 19 maggio 2019. Un orario, scrive il gip, che “collima con la fascia oraria in cui Rocco Molè si è reso irreperibile”. In base ai dati a disposizione degli inquirenti, il commando, composto da almeno quattro uomini, sarebbe partito da Gioia Tauro. Molè, insieme ad altre due persone doveva trovarsi in un’autovettura mentre un quarto individuo li avrebbe raggiunti in seguito. Secondo le ricostruzioni, del commando faceva parte anche Campisi essendo stato riconosciuto dalla voce alle precedenti 18 circa quando chiedeva a Molé se gli poteva portare una bottiglia di acqua. “Del resto – si legge nell’ordinanza – le evidenze acquisite sul sopralluogo compiuto alcuni giorni prima forniscono un quadro indiziario univoco in ordine al ruolo dei due nella pianificazione dell’attentato alla vita di Signoretta. Le ulteriori circostanze indiziarie sono inoltre dimostrative che i due, unitamente ad altri complici non meglio identificati, hanno partecipato anche alla fase esecutiva del delitto”.