operazione glicine

La guerra della Dda di Catanzaro al sistema clientelare bipartisan che affossa la Calabria

Dall'informativa contenuta in Farmabusiness al maxi blitz Glicine. Lo scambio politico mafioso rivelato nelle intercettazioni da De Vona

‘Ndrangheta, politica e imprenditoria. Da Farmabusiness a Basso Profilo a Glicine, la Dda di Catanzaro punta a scardinare il sistema clientelare che in Calabria lega la pubblica amministrazione alla mafia, entrambe a braccetto per aggiustare appalti, per le assunzioni dei loro amici, per un pacchetto di voti in più, colpendo quella parte di centrodestra come in (Basso Profilo e Farmabusiness) e di centrosinistra (come Glicine), piegata a perverse logiche di potere. Nulla viene lasciato al caso, nessuna carta viene gettata nel cestino, nessun nome accantonato o scontato, ma restano per anni sulle scrivanie dei sostituti procuratori Domenico Guarascio, Paolo Sirleo, Veronica Calcagno, coordinati dal procuratore capo Nicola Gratteri, che continuano a lavorare. Si aspetta il momento giusto, perché ogni tassello si deve incastrare in un puzzle di prove per finire nel faldone giusto. Già ai tempi di Farmabusiness, quando gli atti erano stati tutti ostesi, pur con tanto di omissis, tra i 21 faldoni era confluita una informativa del Ros, nella cui intestazione c’era scritto Glicine, preludio di una nuova indagine (LEGGI). Erano già venuti fuori una serie di nomi, alcuni “eccellenti” e venivano menzionati Vincenzo Sculco e sua figlia Flora, entrambi ex consiglieri regionali. Ma all’epoca non erano indagati, almeno non lo erano per noi, per i non addetti ai lavori. Quella piccola informativa del 2020 è diventata dopo tre anni una grande inchiesta che copre un arco temporale che va dal 2014 al 2020, portando a 34 arresti, 43 misure cautelarti per complessivi 123 indagati compresi quelli a piede libero. Un’inchiesta che svela un comitato di affari, che lavora in parte sotto l’ala protettrice del clan Megna, che comunque il suo tornaconto lo vuole, contaminando tutti i settori: dalla sanità, alle opere pubbliche, alle assunzioni degli amici in tutti i comparti pubblici e privati, alle gestione dei rifiuti, alle elezioni europee, regionali e comunali. 

L’ascesa di De Vona: “Presidente vi serve un capo struttura con le palle?”

L’ascesa di De Vona: “Presidente vi serve un capo struttura con le palle?”

 Nelle carte della richiesta vergata dai magistrati antimafia Domenico Guarascio e Paolo Sirleo viene approfondito l’aspetto dell’ascesa di Giancarlo De Vona, a segretario particolare di Mario Oliverio. 21 febbraio 2017 l’uomo chiede esplicitamente un incarico di fiducia: “Presidente se vi serve un capo struttura con le palle e soprattutto di fiducia, c’è la mia disponibilità a ricoprire questo impegnativo incarico. Naturalmente le presenterò in mano le mie dimissioni in bianco al momento della firma del contratto… mettimi alla prova” .  De Vona resta scottato della sua mancata nomina  nell’assemblea nazionale del Pd, deluso  si confida con un amico e da alcune intercettazioni  emerge il pensiero di De Vona secondo cui la sua esclusione era dovuta a una decisione di Adamo e Oliverio, facendo trapelare la sua vicinanza a Vincenzo Sculco, finito agli arresti domiciliari. 

I rapporti di De Vona con il clan Megna

Anche in occasione delle primarie del Pd De Vona palesa la sua insoddisfazione per il comportamento di Oliverio e Adamo per le scelte effettuate. Era contrario all’apertura di un seggio a Papanice, sua frazione di appartenenza del comune di Crotone, esponendolo a contatti pregiudizievoli con appartenenti alla criminalità organizzata. Si confronta con l’ex governatore della Calabria, gli riferisce i suoi legami con ambienti mafiosi, afferma che lui non “può essere toccato”, grazie a zio Carlo e zio Tonino De Vona. Informa il presidente sui molti retroscena riguardanti la vita politica crotonese e le figure di Enzo Sculco e Flora Sculco. Davanti ad Oliverio si pone come pedina importante per la pubblica amministrazione crotonese, profondo conoscitore della malavita, in ragione del fatto che i suoi zii, agricoltori con importanti conoscenze e influenze, sono espressione del clan Megna, addebitando ad Enzo Sculco il fatto di circondarsi e dotare il comune di Crotone di persone incompetenti prendendosi però anche i meriti: “mette persone che non capiscono un cazzo, apposta perché per forza di cose devono rivolgersi a lui. Sculco colloca amministratori comunali che non capiscono nulla”.

Il politico crotonese pronto a tutto pur di vincere

Alludendo al politico, alias Leo,  De Vona dichiara che nelle elezioni provinciali del 2004 aveva ottenuto un largo consenso elettorale, 1400 voti, eletto nelle liste dei Democratici di sinistra, grazie all’apporto nella campagna a suo favore di appartenenti alla ‘ndrina Megna di Papanice, quando era ancora in vita il reggente Luca Megna, che “porta a porta” avevano obbligato la popolazione della frazione di Crotone a votarlo: “… è stato pure consigliere provinciale… ha preso mille e quattrocento voti… il più votato di tutti… e siccome la campagna gliel’ha fatta mio padre… con… ad un certo punto… mio padre si è staccato… perché quello per arrivare all’obiettivo ha fatto di tutto… tant’è vero che poi ha dovuto cambiare la residenza… invece di abitare a Papanice se ne è dovuto andare a Crotone…che doveva fare? Aveva preso impegni… … c’era il figlio dell’attuale boss… quello che è morto ( Luca Megna, assassinato a Papanice il  23 marzo 2008 ndr) … che è andato casa per casa a prendere le persone… casa per casa… hai capito? È stato un exploit… quando Pierpaolo Bruni ha interrogato il pentito… e gli faceva… c’è tutto scritto… ma parlami di Mercuri… hai visto che è successo quel fatto a Pino Mercuri  (capogruppo Partito Democratico al Comune di Crotone ndr) che è stato in carcere? Ti ricordi che…”. Poi De Vona introduce il concetto degli “impegni” che si è soliti assumere durante la campagna elettorale, quelle promesse che vengono fatte dai candidati agli elettori. 

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