La guerra oggi e quella frase di Pacelli (ma soprattutto di Montini)

"Noi occidentali ci ritroviamo attoniti, ed anche un po' smarriti, nel vedere il rigurgito dell'orso russo, far divenire preda uno Stato nel cuore di quella stessa Europa"
guerra

di Vincenzo Speziali – Dentro, all’interno del ventre delle acciaierie ucraine Azovstal, fin nelle sue viscere, sono rimasti asserragliati, per 82 drammatici, nonché lunghissimi giorni – e 83 altrettanto drammatiche, ancorché lunghissime notti – i valorosi combattenti fedeli alle istituzioni del Presidente Zalens’kyj, da eroi quali sono – simbolo della resistenza – di un intero Paese aggredito, cioè il loro. Uomini e donne, appesi alla spessa fune della dignità, forti di un credo nella loro ragione, uniti dalla consapevolezza di rappresentare un’identità statuale e una storia che affonda le sue radici sin dall’ 860 d.c, con i Rus di Kiev, ovvero l’embrione delle terre di tutte le Russie (convenzionalmente, in seguito, distinte in ‘Piccola Russia’ – l’Ucraina, appunto – ‘Grande Russia – la Russia – e la ‘Bianca Russia – ovvero la Bielorussia).

Noi occidentali, attoniti e un po’ smarriti

Noi occidentali, attoniti e un po’ smarriti

E ci ritroviamo noi occidentali, gli eredi di chi ha vinto la seconda guerra mondiale – stando, però, sempre, dalla parte giusta, cioè l’atlantismo – dicevo ci ritroviamo attoniti, ed anche un po’ smarriti, nel vedere il rigurgito dell’orso russo, far divenire preda uno Stato, a fronte di razzia propagandistica e psicotica – di chiara impostazione zarista e sovietica – e quindi, incedere nell’invasione, proprio nel cuore di quella stessa Europa, fondata dai democristiani continentali, cioè De Gasperi, Adenauer, Shumann e Monnet, i quali la immaginarono, la costruirono e partirono, coniugando nell’atto pratico il municipalismo solidale di Sturzo e l’umanesimo integrale di Maritan, proprio nell’ottica di una convivenza transnazionale, polistatale e pluripopolare.

Il paranoico dittatore

Al di là del fatto di essere, orgogliosamente, epigono politico e culturale di tutti loro, oggi siamo, come europei, a far i conti con un massacro ordinato da Putin, sempre più paranoico dittatore (quasi alla stregua di un nuovo Stalin) e sempre meno Capo di Stato illuminato (come dalle parti ‘cremlinicomoscovite’, ci ripassa alla memoria del sen fuggito, il vecchio Gorbačëv).

Il prezzo pagato dai russi

Lo stesso Putin, artefice di un’espansione ciclopica, dal punto di vista industriale, finanziario, economico e militare -durante il suo ultra ventennio di potere- la quale è stata certamente più efficace, razionalmente più organizzata e apparentemente più incisiva, di quella intenzionata dal suo predecessore, cioè El’cin, ma rimasta per colpe proprie delle varie debolezze di quest’ultimo, un’incompiuta e ad libitum, frustratamene rancorosa. Certo, Russia e russi, hanno pagato un prezzo – più che un pegno- al ‘successo’ putiniano, ovvero la restrizione, anzi la contrazione, degli spazi della libertà di pensiero, di diritto, di politica, di opinione e di espressione.

Altri effetti devastanti si stagliano all’orizzonte

Avrebbe scritto Manzoni: “fu vera gloria”? No, nessuno può pensare che ciò sia tale! Intanto, però, i venti di guerra tardano a placarsi, mitigando la dolcezza nel tempo della pace sperata, senza contare come ben altri effetti devastanti, si stagliano all’orizzonte, quasi se noi tutti ci trovassimo a veder sbocciare, velenosi più che mai, i “fiori del male” descritti da Charles Baudelaire: una visione del mondo, all’ora come oggi, basata su infinita sofferenza e bassezza, incardinate in un modernismo discutibile.

La macelleria dello zar postsovietico

E da qui, ritorniamo con il pensiero, alla macelleria dello zar postsovietico Putin, che non rispetta regole, calpesta il buonsenso e non ricorda la massima intimistica e di visione -basata sulla propria personale formazione di fede- del più grande politico da Giulio Cesare ai nostri giorni, cioè Aldo Moro: “ogni persona, è un universo!”. Ciò vale, quindi, per gli ucraini compresi, seppur sminuiti ed invasi, dagli attuali russi dei centri di comando, i quali celano la loro insicurezza (che viene esportata con guerre di sconfinamento), ammantando il tutto sotto le mentite spoglie di una “grandeur”, a fronte della quale si vuole difendere dignità perdute e forze rinvigorite, alle latitudini di Mosca.

I postmaoisti tremano

Anacronisticamente, si vorrebbe riproporre, la “cortina di ferro, da Strettino nel Baltico, fino a Trieste nell’Adriatico”, come ben la descrisse, nel suo discorso, Churchill a Marzo del 1946, impedendo scelte libere, di liberi popoli, come le adesioni a UE e Nato, quasi fossero queste, violazione di lesa maestà, nei confronti di una Russia piegata (e piagata) dal Putin ‘regnante’. E mentre il drago cinese, continua il proprio palleggiamento finto diplomatico, considerando, da sempre, come sempre, lo stato di cui Mosca è capitale un Paese europeo, ma la ricca (nel sottosuolo!) Siberia, naturale area di influenza e futuribile ‘sbocco’ di Pechino, gli stessi postmaoisti, tremano -senza darlo a vedere- per le potenziali ripercussioni a fronte di sanzioni che potrebbero colpirli, mettendo, perciò, a rischio il camuflage del loro ‘sistema’.

L’illusorio gioco degli specchi

Già, un sistema basato sull’illusorio gioco degli specchi, applicato all’economia di uno Stato (cioè la Cina), dove ci troviamo una costa ricca ed un entroterra poverissimo, con il surplus commerciale delle aree rivierasche, che viene investito – quasi alla stregua di un metadone sociale – per tenere buono, lo sconfinato esercito dei poveri contadini, abitanti un territorio interno, incuneato tra campagne difficili e monti altissimi. Un quadro desolante, disegnato da una guerra delirante, dalla quale a breve potrebbe pure scaturire -assieme alla penuria energetica – una crisi alimentare su scala mondiale – a fronte del grano quasi monopolio di ucraini e russi, ma difficilmente commercializzabile, proprio a causa degli eventi bellici in corso – e noi restiamo immobili, con pencolanti oscillazioni di posizioni politiche, basate più sulla sondaggistica e non sulla conoscenza dei fatti.

La frase dimenticata di Pio XII

Ed intanto, tutti, ma proprio tutti, dimenticano la frase di Pio XII° , pronunciata a mo’ di appello, onde evitare l’imminente guerra, il 24 Agosto del 1939 (suggerita, invero dal suo Sostituto della Segreteria di Stato, nonché futuro San Paolo VI°, per di più fondatore ideale della Democrazia Cristiana), ovvero: “nulla è perso con la pace, tutto può esserlo con la guerra”! Il concetto, non è banale, anzi, purtroppo, è più che mai attuale.

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