La ricetta di Gratteri per guarire la sanità calabrese: “Serve una cura per febbre da cavallo”

Il procuratore di Catanzaro si è soffermato sull'emergenza sanitaria: "E' necessario agire senza guardare al consenso"
Nicola Gratteri attentato

“Ci vuole una cura da febbre da cavallo per guarire la sanità calabrese“. Il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, oggi pomeriggio in un’intervista rilasciata al giornalista Lino Polimeni, nel corso della trasmissione Articolo 21 ha sviscerato diversi temi tra i quali l’emergenza sanitaria in Calabria.

Sanità in Calabria, la ricetta di Gratteri

Sanità in Calabria, la ricetta di Gratteri

“Il vero problema della sanità in Calabria – ha spiegato Gratteri – è quello della spesa, fatta di doppie o triple fatture per comprare le attrezzature, mentre non si riesce a stabilire l’entità dei debiti e quindi del budget disponibile. Serve avere la libertà, la volontà, il potere di ottenere almeno 10 persone della Ragioneria Generale dello Stato per ogni Asp, che controllino fattura per fattura, in modo da quantificare le passività e riordinare la contabilità. Bisogna creare una squadra seria, chi ha il potere decisionale deve avere chiaro lo stato dell’arte. Se si rincorre la riapertura di due o tre ospedali per non avere proteste e acquisire consenso non si risolve molto. Bisogna resettare il sistema e derattizzare l’ambiente individuando i responsabili di questo deficit. Fatto ciò possiamo andare a recuperare i medici d’eccellenza che sono emigrati e invitarli a tornare in Calabria. Gente, che ha sofferto perché figlia di nessuno, ed è partita in cerca di lavoro. I loro posti oggi, in generale, sono occupati da persone che sono partite dall’essere usceri e sono diventati direttori sanitari, ma non sono in grado di scrivere una delibera. Abbiamo giovani calabresi che parlano perfettamente inglese costretti a partire, mentre negli uffici della pubblica amministrazione in Calabria faticano a parlare in italiano”.

A Catanzaro fino al 2024, Gratteri: “C’è molto lavoro da fare”

“Il mio compito – chiarisce il procuratore Gratteri – è quello di ricevere notizie di reato, stabilire se sono fondate, fare indagini ed eventualmente portare a processo i presunti rei. Un lavoro di squadra. Ho il compito di coordinare i miei uomini e le mie donne che devono sentirsi tutelati perché sanno che sono al loro fianco, fungo da testa d’ariete. Devo proteggere i miei colleghi e la polizia giudiziaria che collabora con noi. Sogno di poter dare conforto agli usurati, agli estorti, ho l’obbligo morale di tranquillizzare chi denuncia e viene a metterci in mano la sua vita. I calabresi non sono omertosi, lo dimostrano le centinaia di persone che chiedono di incontrarmi. E’ una questione di credibilità. Le ipotesi vanno poi provate, altrimenti dei malfattori diventano vittime: meglio avere 100 colpevoli fuori, che un innocente dentro. Da protocollo, posso restare in Calabria alla Dda di Catanzaro fino al 16 maggio 2024. C’è molto da fare. Siamo solo alla metà del cammino. Ogni settimana ricevo almeno tre inviti in tv nazionali, non ho bisogno di visibilità. Se parlo in conferenza stampa è per dare soddisfazione alla polizia giudiziaria, uomini e donne che magari per 3 anni hanno lavorato notte e giorno per 1.200-1.400 euro al mese. In più intendo informare i cittadini che se denunciano noi interveniamo e i risultati sono palpabili. Noi siamo qui per i figli di nessuno, per il popolo, non per la popolarità”.

La riforma della giustizia

“L’improcedibilità comporta che tutte le sentenze in primo grado, se in appello non si arriva a sentenza in due anni, il processo si chiude, viene detto appunto improcedibile. Come se non fosse accaduto nulla. Per alcuni reati non è stata poi prevista l’improcedibilità, come ad esempio quelli della violenza di genere. Peculato, corruzione, concussione, reati che vanno a braccetto con la politica invece non sono stati inseriti in questo elenco. All’atto pratico: quando un muratore cade dall’impalcatura e muore, il datore di lavoro viene condannato in primo grado, ma in Appello il processo viene dichiarato improcedibile, la vedova dovrà spiegare ai suoi figli che la giustizia funzona così. Non ci sono alibi per nessuno: ho denunciato queste incongruenze e anomalie in più occasioni, l’ho fatto in tutte le sedi istituzionali. Sarebbe interessante capire chi ha avuto la volontà di portare avanti certi disegni di legge, chi ha partorito questa idea e carpirne la buona fede. Nel mio piccolo, da pubblico ministero di campagna, ho indicato le mie perplessità soprattutto quando sono stato audito alla Camera in commissione giustizia”.

Il crimine non paga

Nel presentare l’ultimo libro scritto insieme al giornalista Antonio Nicaso, Complici e colpevoli. Come il nord ha aperto le porte alla ‘ndrangheta, il procuratore Nicola Gratteri ha ricordato che la mafia è sempre meno violenta. “Sulle nostre coste, vediamo il crollo dell’etica e della morale, con tavolate – dichiara Gratteri – dove professionisti cenano con ‘ndranghetisti affermati. Non fa più scandalo. In Calabria ci sono locali di ‘ndrangheta di almeno 1.500 persone. Solo nell’hinterland di Milano, accertati con sentenza definitiva, abbiamo la presenza di 51 locali. Quando parliamo di ricchezza della ‘ndrangheta ricordiamo che è detenuta solo dal 2/3% dei criminali: gli altri faticano a trovare i soldi per pagare l’avvocato o per prendere l’aereo e andare a trovare i familiari in carcere. Per portare a Milano 5 chili di cocaina dalla Calabria si ricevono 1.500 euro, se si viene arrestati e dall’inchiesta emerge il reato di associazione mafiosa si rischia una condanna a 20 anni di reclusione. Anche un incensurato che sceglie il rito abbreviato (con la conseguente riduzione di pena) sconterà almeno 10 anni di carcere che spenderà (invece di godersi la gioventù e veder crescere i figli) facendo in cella il servo ai mafiosi o essendo abusato sessualmente”. (mti)

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