La “strana storia di Ultimo” e la latitanza della politica calabra

di Danilo Colacino – Non si placano le dissertazioni, e le polemiche, in merito alla nomina – operata dalla governatrice Jole Santelli – di assessore regionale all’Ambiente del Capitano Ultimo, nel frattempo diventato colonnello.

Una sorta di leggenda vivente, considerato che com’è noto ai più lo stesso ufficiale del Ros è passato alla storia per aver arrestato il 15 gennaio del 1993 il sanguinario padre-padrone di Cosa Nostra Totò Riina.

Una sorta di leggenda vivente, considerato che com’è noto ai più lo stesso ufficiale del Ros è passato alla storia per aver arrestato il 15 gennaio del 1993 il sanguinario padre-padrone di Cosa Nostra Totò Riina.

Ultimo, alias Sergio De Caprio, da allora – da solerte militare dell’Arma poco conosciuto anche a molti suoi colleghi per via della particolare veste di ‘cacciatore di capimafia’ – diventa come ovvio un eroe celebrato persino dal piccolo schermo in una fortunata serie in cui il suo personaggio viene interpretato da un certo Raoul Bova con tanto di colonna sonora a cura di un gigante della musica per il cinema quale Ennio Morricone.

E fin qui nulla da dire, anzi.

Stessa cosa vale per la scelta di rendersi…irriconoscibile, anche a distanza di molti anni, per motivi di sicurezza.

Decisione che non ci permettiamo di commentare, pensando però ad esempio ad ex alti magistrati quali su tutti Giancarlo Caselli o dirigenti della Polizia di Stato come – ‘manco a farlo a posta’ – i catanzaresi Renato Cortese (di Santa Severina che al tempo era nel territorio della macroprovincia del capoluogo) e Giuseppe Gualtieri, i quali pur avendo perfezionato la cattura di Bernardo Provenzano di ‘maschere’ non ne portano.

Fermo restando che, purtroppo, per il supercarabiniere, come lui sa molto meglio di noi: i parecchi suoi irriducibili e barbari nemici, se vogliono, per individuarlo non si scoraggiano di sicuro davanti a uno scaldacollo tirato su.

Ma il punto non è questo o, come si legge da giorni sui social, se in Giunta, in Dipartimento, o persino alle conferenze stampa ci vada con il volto occultato.

Chissenefrega, esclameremmo in gergo! È di fatto una sciocchezza, o quantomeno una questione di lana caprina, che forse distrae dal punto focale: una politica latitante (aggettivo ovviamente latu sensu inteso, ma nel caso di specie meglio precisare) quale quella calabrese prova in apparenza a farsi stanare da chi non fa parte dell’ambiente (non l’assessorato) e viene preceduto da una grande fama.

Uno che se porta i suoi metodi lavoro potrebbe trovarsi come un pesce fuor d’acqua in un mondo sideralmente diverso dal suo alla stregua di quanto capitò al fisico Antonino Zichichi e al cantante e musicista Franco Battiato, i quali nel periodo della cosiddetta rivoluzione siciliana della presidenza di Rosario Crocetta mantennero la carica assessorile più o meno da Natale a Santo Stefano.

Ecco perché a noi questa operazione, pur lodevole e degna di nota, pare eterodiretta, frutto di un disegno romano che sta preparando il terreno a un progetto politico di respiro nazionale.

Un piano di governo che va ben oltre la piccola e periferica Calabria. 

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