La tragedia di Catanzaro e il dolore di nonna Maria: “Mio figlio è gravissimo e mia nipote piena di tubi”

La mamma di Vitaliano Corasaniti prende la parola alla fine del funerale e parla delle condizioni del figlio, della nuora e dei nipotini sopravvissuti all'incendio

Dolore, rabbia, commozione. Maria Spina, la nonna di Saverio, Aldo e Mattia, i tre angeli volati in cielo, prende la parola alla fine dei funerali. Occhiali neri a coprire le lacrime, la mamma di Vitaliano Corosaniti utilizza il passato per parlare del figlio. Dice che le sue condizioni sono gravissime e che quelle della moglie Rita e di altri due nipotini sopravvissuti alla tragedia per nulla buone. A stare peggio e a lottare tra la vita e la morte è soprattutto Zaira. “E’ piena di tubi – rivela nonna Maria – che gli stanno portando un’infezione anche ai polmoni. Ha delle sacche di sangue per le trasfusioni, in questo momento è in sala operatoria dove stanno cercando di ricostruirle un braccio, forse perderà un occhio”.

“Mio figlio dava voce a chi non aveva voce”

“Mio figlio dava voce a chi non aveva voce”

La voce è carica di dolore ma anche di orgoglio per quanto fatto dal figlio Vitaliano, ricoverato in ospedale al Pugliese e anche lui in pericolo di vita. “Mio figlio Vitaliano – aggiunge – metteva sempre gli altri ragazzi speciali, il suo sempre per ultimo perché lui vuole dare voce a chi non ne ha. Lui vuole dare voce a chi non ha voce. Questo è mio figlio”. Parole dolci e ricordi commoventi anche per la famiglia: “Era un miracolo di amore in tutti i sensi, una squadra. Ogni fratellino aveva il proprio compito. Chi apparecchiava, chi sparecchiava, chi aiutava la madre. Ed un amore verso il fratello grande Saverio, che gioiva. Loro non avevano più una vita sociale, non avevano più niente. Avevano l’amore della loro madre, di loro padre e di Saverio. Si erano creati nella casa una piccola palestra, dei giochi, il computer. Alcune volte il padre li invitava ad uscire ma i figli rispondevano di volere giocare a casa con Saverio. Erano dei bimbi pieni d’amore. Quando io andavo in casa loro mi aspettavano già dalla sera prima. Spesso mi videochiamavano. Quando andavo a trovarli gli brillavano gli occhi. E poi mio figlio era un papà speciale”.

Una battaglia per la disabilità

“Se con l’aiuto di Dio mi tornerà a casa, mio figlio – annuncia la donna – continuerà a fare la sua battaglia per la disabilità, l’autismo e a dare voce a chi non ha voce. E questa volta combatteremo insieme. Io e mio figlio. Le associazioni gli davano pasta, zucchero e del vestiario e mio figlio, fino all’una e mezza di notte, andava a bussare porta per porta. Mio figlio veniva chiamato ‘angelo’. Quando vedeva bambini gli si stringeva il cuore. E di tutte le richieste di aiuto che ha fatto, metteva prima sempre gli altri, non il figlio. Saverio, Aldo e Mattia date la forza a papà, a Rita, a Zaira e Antonella che possano tornare a casa”.

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