“Vi chiediamo aiuto per poter fare il nostro lavoro”. E’ il grido di allarme che risuona dal chiostro dell’ex convento del ‘400 che da qualche settimana ospita la nuova Procura di Catanzaro. A lanciarlo è stato il procuratore generale Giuseppe Lucantonio che davanti al ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario Andrea Del Mastro Della Valle ha evidenziato problemi di natura strutturale che riguardano il palazzo di Giustizia che si affaccia su piazza Matteotti: “Il tetto è crollato ed è insicuro. Nicola (Gratteri ndr) se ne è scappato giusto in tempo”, ha aggiunto scherzando ma auspicando che “il lavoro di squadra non cessi con questa inaugurazione ma vada avanti”.
L’appello a Nordio
L’appello a Nordio
Quello infrastrutturale è uno dei temi messi sul tavolo dal procuratore generale della Corte d’appello di Catanzaro. Non il solo perché tra le emergenze da affrontare resta di forte attualità quella della carenza degli organici, del personale amministrativo e tecnico. Come dire: la Riforma Cartabia oltre a non aver risolto la questione ha anche peggiorato la vita dei magistrati. “Lei che ha fatto per tanti anni il pubblico ministero ed è stato nelle aule di giustizia – ha detto rivolgendosi Lucantonio rivolgendosi direttamente al ministro Nordio – sa bene che ci sono una serie di adempimenti che hanno moltiplicato per quattro il carico delle Procure”. Lavorare con dignità e con decoro è il minimo sindacale richiesto da chi come il procuratore Giuseppe Lucantonio è in trincea ogni giorno in uno dei territorio più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta e al malaffare. E a rendere questo lavoro ancor più complicato è il turnover degli stessi magistrati. “Impossibile lavorare in una terra – ha sottolineato – in cui il 50% dei giudici dopo tre anni va via e dove con questo nuovo sistema si creerà il triplo delle incompatibilità rispetto al passato. Vi chiediamo aiuto perché le istituzioni ci devono aiutare per poter fare il nostro lavoro. Siamo certi che vi impegnerete al massimo, ci auguriamo che gli ostacoli, quando qualcuno vuole fare qualcosa, non siano frapposti per il gusto di frapporli ma siano manifestazioni di perplessità come si fa in una democrazia, nel rispetto delle persone e delle istituzioni”.