Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha integralmente accolto i ricorsi presentati dagli avvocati Aldo Ferraro, Franco Giampà, Ortensio Mendicino e Giosuè Monardo nell’interesse di Vittorio, Claudia e Rossella Macchione, “escludendo radicalmente – si legge in una nota – il fumus del reato di truffa aggravata e autoriciclaggio contestato agli indagati, che aveva portato al sequestro, anche per equivalente, dei loro beni fino alla concorrenza della somma di 415.000 euro ricevuta dalla Regione Calabria quale anticipazione su un più ampio finanziamento deliberato a loro favore”.
Operazione “Big Spot”
Operazione “Big Spot”
All’alba del 13 agosto scorso i finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro avevano dato esecuzione all’ordinanza con la quale il Gip di Lamezia, in accoglimento della omologa richiesta della Procura lametina, aveva applicato agli indagati Macchione il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e il divieto di svolgere attività imprenditoriali. Aveva anche disposto il sequestro di tutti i beni a loro riconducibili sul presupposto che essi avrebbero dichiarato il falso nella richiesta di concessione della sovvenzione pubblica, ed avrebbero contabilizzato operazione in realtà non realizzate. I difensori hanno invece dimostrato, non solo che quelle ipotesi investigative fossero “prive di alcun riscontro documentale” ma hanno, inoltre, affidato a un progettista, l’ingegner Giovanni Albanese, il compito di verificare la reale ed effettiva realizzazione delle opere contabilizzate dai Macchione. Il prossimo 22 settembre si celebrerà invece l’udienza sul ricorso proposto dai medesimi difensori contro la misura cautelare interdittiva applicata agli stessi indagati.