“Lavorare su turni nuoce gravemente alla salute”, ecco le categorie più a rischio

“Il lavoro a turni, in particolare quello notturno o quello che prevede la rotazione, è da tempo contrassegnato in rosso dalle autorità sanitarie: gli effetti sono paragonabili a quelli del tabacco”
Il lavoro a turni

Diversi studi mettono in guardia dagli effetti dei turni di lavoro. Producono l’alterazione cronica di tutti i ritmi biologici, ciò che ha un enorme impatto sulla salute degli individui. Lo riferisce il Paìs, che calcola che in Spagna più di tre milioni e mezzo di salariati lavorano su turni e circa due milioni (10,6% degli occupati) lavorano occasionalmente di notte (6%) o più della metà delle giornate lavorative (4,6%), stando ai dati elaborati dall’Istituto nazionale di statistica per il 2021.

Il lavoro a turni

Il lavoro a turni

“Il lavoro a turni, in particolare quello notturno o quello che prevede la rotazione, è da tempo contrassegnato in rosso dalle autorità sanitarie”, specifica il quotidiano. E gli effetti “sono paragonabili a quelli del tabacco”, secondo la definizione del dottor Juan Antonio Madrid, professore di Fisiologia e direttore del Laboratorio di Cronobiologia dell’Università di Murcia.

Il motivo, secondo il docente, è che “il rilascio di mediatori infiammatori è esacerbato e diminuisce l’attività del sistema neurovegetativo. Un effetto a livello metabolico che può portare a prediabete, livelli più elevati di trigliceridi, alterazioni cardiovascolari (ipertensione), un aumentato rischio di infarto del miocardio e ictus, eccetera. In breve, si aggrava un’ampia varietà di patologie molto importanti”.  Una condizione, questa, che si protrae a lungo, anche dopo aver lasciato il lavoro e l’alternanza dei turni.

Lo studio sui topi

Lo ha dimostrato uno studio recete sui topi, pubblicato sulla rivista scientifica Neurobiology of Sleep and Circadian Rhythms, i cui risultati confermano che gli effetti degli orari di lavoro a  turni durante la prima età adulta (equivalenti a 18-24 anni di età umana) “persistono fino alla mezza età (55-60 anni) anche dopo che i roditori sono tornati a un orario normale durante il periodo intermedio”. “Abbiamo scoperto che l’esposizione a orari di lavoro a turni durante la prima età adulta esacerba gli esiti di ictus ischemico di mezza età, in particolare nelle donne, anche quando i soggetti dello studio sono tornati a un orario normale”.

“L’organismo non è preparato”

Secondo il professor Madrid, “è quasi impossibile adattarsi al lavoro notturno”, perché “il problema principale sono le sue abitudini caotiche, il fatto che un giorno mangi ad un’ora e l’altro ad un’altra, che un giorno attivi il tuo corpo per fare esercizio e poi cambi orario, che un giorno vai a dormire da una certa ora e il giorno dopo a un’altra ancora. Gli orologi biologici sono preparati per anticipare, per preparare il corpo a tutti gli eventi regolari e prevedibili.

Se non ristabiliamo quel quadro in modo prevedibile, l’organismo non è preparato”, spiega Francis Lévi, Direttore della ricerca presso il gruppo di Cronoterapia, Tumori e Trapianti della Scuola di Medicina dell’Università Paris-Saclay, che conclude: “Oggi è possibile valutare oggettivamente il sonno e la salute circadiana in tempo quasi reale e in modo non invasivo, progettando misure di prevenzione per i singoli lavoratori quando necessario e valutandone l’efficacia”.

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