Lavori di pubblica utilità e messa alla prova: l’impegno di Cropani, Montepaone e Montauro

Sono state sottoscritte, questa mattina, dal Presidente del Tribunale di Catanzaro, Rodolfo Palermo e dai sindaci di Montepaone, Mario Migliarese, di Montauro, Giancarlo Cerullo e dal vicesindaco di Cropani, Paolo Colosimo, le convenzioni per lo svolgimento dei lavori di pubblica utilità ai fini della “Messa alla Prova”. All’incontro hanno anche partecipato il dirigente dell’Ufficio Interdistrettuale di Esecuzione Penale Esterna di Catanzaro,  Emilio Molinari, la responsabile dell’area IV,  Maria Letizia Polistena, i funzionari di servizio sociale  Antonio Trapasso, Rossella Loprete e Federica Prestia) le due volontarie del Servizio Civile Viola Mancuso e Francesca Paonessa che, nonostante il periodo emergenziale da Covid-19, hanno portato avanti con entusiasmo il progetto intitolato “Seguici: per un impegno responsabile nella Giustizia di Comunità” attivato dal Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità del Ministero della Giustizia.

“È necessario potenziare il ricorso alla messa alla prova – si legge in un comunicato stampa –  che, svolgendosi nella società esterna, richiede interventi volti al reinserimento sociale di persone non condannate ma imputate, in situazioni di attualità dei fatti oggetto di reato. La Legge 67 del 2014 ha infatti introdotto la sospensione del procedimento con messa alla prova come una modalità alternativa di definizione del processo relativo a reati di minore allarme sociale. Tale sanzione di comunità è subordinata alla prestazione di un lavoro di pubblica utilità consistente in attività non retribuita, di durata non inferiore a dieci giorni, in favore della collettività che può essere svolta presso istituzioni pubbliche, enti e organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. Pertanto centrale è il lavoro della Comunità che ha il compito di sanare la frattura sociale causata dal reo e responsabilizzarlo attraverso il rispetto di prescrizioni previste dal programma di trattamento proposto dall’Ufficio di esecuzione penale esterna. Durante quest’anno è stato attivato uno Sportello MAP presso l’UEPE di Catanzaro, coordinato dal dottor Trapasso e dalle volontarie che hanno contribuito al lavoro di sensibilizzazione e di attivazione delle convenzioni tra i Tribunali ordinari e gli enti di Terzo settore disponibili a far svolgere i lavori di pubblica utilità. Attualmente risultano convenzionati per la messa alla prova 54 Comuni della Provincia di Catanzaro e 29 associazioni del privato sociale.
“È necessario potenziare il ricorso alla messa alla prova – si legge in un comunicato stampa –  che, svolgendosi nella società esterna, richiede interventi volti al reinserimento sociale di persone non condannate ma imputate, in situazioni di attualità dei fatti oggetto di reato. La Legge 67 del 2014 ha infatti introdotto la sospensione del procedimento con messa alla prova come una modalità alternativa di definizione del processo relativo a reati di minore allarme sociale. Tale sanzione di comunità è subordinata alla prestazione di un lavoro di pubblica utilità consistente in attività non retribuita, di durata non inferiore a dieci giorni, in favore della collettività che può essere svolta presso istituzioni pubbliche, enti e organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. Pertanto centrale è il lavoro della Comunità che ha il compito di sanare la frattura sociale causata dal reo e responsabilizzarlo attraverso il rispetto di prescrizioni previste dal programma di trattamento proposto dall’Ufficio di esecuzione penale esterna. Durante quest’anno è stato attivato uno Sportello MAP presso l’UEPE di Catanzaro, coordinato dal dottor Trapasso e dalle volontarie che hanno contribuito al lavoro di sensibilizzazione e di attivazione delle convenzioni tra i Tribunali ordinari e gli enti di Terzo settore disponibili a far svolgere i lavori di pubblica utilità. Attualmente risultano convenzionati per la messa alla prova 54 Comuni della Provincia di Catanzaro e 29 associazioni del privato sociale.
In un momento storico così delicato e difficile come quello che stiamo vivendo, contribuire all’effettiva capacità di recupero dell’imputato che diventa protagonista insieme ad altri attori sociali presenti nella Comunità della sua vicenda penale, – conclude la nota –  rappresenta un principio cardine insieme all’obiettivo della promozione della consapevolezza del soggetto circa il disvalore sociale della propria condotta”.

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