Lavori fantasma ai rom di Catanzaro, il sistema Caligiuri svelato nel telefono spiato dai carabinieri

Dalle carte del gip emerge la truffa allo Stato portata avanti attraverso aziende fantasma e attività lavorative mai eseguite

di Gabriella Passariello- Lavori fittizi per consentire a detenuti o a imputati condannati in via definitiva di bypassare l’esecuzione delle pene inflitte o comunque di beneficiare di patteggiamenti o di riti abbreviati. Come? Bastava che il presidente dell’associazione “Arte di Parte”, Maurizio Caligiuri, attestasse lo svolgimento di costoro in attività di utilità pubblica, con certificati fasulli per eludere i provvedimenti dei giudici. Emergono ulteriori dettagli sull’inchiesta della Procura di Catanzaro nelle carte dell’ordinanza del gip Paola Ciriaco che ha spedito l’indagato agli arresti domiciliari (LEGGI QUI).

“Mandami una fotocopia della carta di identità e il numero del legale”

“Mandami una fotocopia della carta di identità e il numero del legale”

Dal cellulare di Caligiuri spiato dai carabinieri viene documentato, secondo le ipotesi di accusa, il suo asservimento alle richieste dei detenuti: il presidente dell’associazione interloquisce con i difensori e molte volte direttamente con imputati e familiari per predisporre le istanze da inoltrare all’autorità giudiziaria contenenti lo svolgimento di false attività lavorative, che consente per esempio a Damiano Veneziano di allontanarsi dal domicilio dove è ristretto agli arresti domiciliari “mandami una fotocopia della carta di identità e il numero dell’avvocato”. In altri casi Caligiuri parla direttamente con gli imputati per preparare le istanze, poi effettivamente depositate alle autorità competenti e in altri ancora è lo stesso Caligiuri, che su richiesta dei detenuti, contatta i difensori ignari dalle natura e delle attività dell’associazione, provvedendo ad illustrare il proprio impegno sul territorio inoltrando le relative richieste. A volte propone direttamente lo svolgimento di attività lavorativa in strutture inesistenti e su richiesta dei familiari dei detenuti, predispone e sottoscrive false attestazioni riguardanti lo svolgimento di attività lavorative: “c’era Annamaria che diceva, se glielo puoi fare un documento come se lavorasse da te, poi ti spiega lei bene, ora intanto ti dico così”.

Il sistema Caligiuri

La Procura ravvisa il reato di truffa ai danni dello Stato, realizzata da Maurizio Caligiuri in qualità di presidente dell’associazione “Arte di Parte” e dai componenti dell’organo direttivo dell’associazione Maria Teresa Gariano, Raffaele Caligiuri e Francesca Taverna in relazione alla domanda di cofinanziamento previsto dall’avviso pubblico “Giovani per il sociale”, emesso dalla presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale. Avrebbero  falsamente rappresentato la regolare esecuzione del progetto “Rete Territoriale Scholè”, iniziativa ammessa al contributo, ma mai realizzata nei termini previsti con costi di 130mila euro, mai effettivamente sostenuti, facendo conseguire indebitamente all’associazione “Arte di Parte” la somma complessiva di 129.986,6, erogata in tre tranche, il 16 marzo 2016, il 13 dicembre 2017 e il 19 marzo 2019.

Aree degradate, altro che verde pubblico!

L’attività investigativa scatta da una richiesta dell’Ufficio di sorveglianza datata 6 aprile 2018 nell’ambito di un fascicolo inerente l’istanza di permesso presentata da Daniele Passalacqua, detenuto ai domiciliari, che chiedeva di estendere l’autorizzazione quotidiana ad allontanarsi dal domicilio sino alle 20, piuttosto che alle 15, per prestare l’attività lavorativa per l’associazione “Arte di Parte” in un’azienda agricola di Soveria Simeri. Attività però mai svolta tanto più che si tratta di una azienda fantasma in base agli esiti investigativi. Nessuna traccia  nelle foto allegate al carteggio della pulizia delle piazze e dei giardini. Nessun allaccio alla rete idrica. Le indagini hanno portato allo stesso esito in relazione al servizio di manutenzione del verde nell’ex scuola di polizia penitenziaria: area degradata, altro che verde pubblico.

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