Un altro episodio di sfruttamento dei lavoratori in agricoltura è emerso nel corso di una verifica effettuata nei giorni scorsi da ispettori del lavoro di Cosenza affiancati da un Carabiniere del Nil (Nucleo tutela lavoro) in una tenuta agricola nel comune di Corigliano Rossano, dove era in corso la raccolta intensiva di agrumi. Nell’immediatezza dell’accesso ispettivo è stato riscontrato l’impiego irregolare di quattro lavoratori extra-Ue di nazionalità marocchina, tutti occupati in nero da una società cooperativa siciliana che li aveva trasportati giorni addietro dall’Isola.
Le indagini
Le indagini
Dalle verifiche effettuate sulle banche dati è emerso come la cooperativa, datrice di lavoro dei quattro braccianti, eseguisse le operazioni di raccolta degli agrumi in base ad un contratto di pseudo-subappalto stipulato con la società cosentina acquirente del frutto che, peraltro, è risultato non avere nessun dipendente o collaboratore in organico. Dai primi accertamenti è emerso che i quattro lavoratori addetti da diversi giorni alle operazioni di raccolta, oltre a non aver ricevuto alcun contratto di lavoro né alcuna formazione in materia di sicurezza, erano retribuiti a cottimo in base alla quantità di cassette di agrumi. Tra di loro, uno è risultato irregolarmente soggiornante nel territorio nazionale. Si è proceduto, pertanto, a trasportarlo alla Caserma dei carabinieri di Corigliano per le operazioni di identificazione e fotosegnalamento.
La sospensione
A fronte della percentuale di irregolarità pari al 100% delle maestranze, è stato adottato il provvedimento di sospensione dell’attività d’impresa sul terreno interessato dalle lavorazioni. In esito alla verifica è stata riscontrata con adeguati riscontri probatori l’ipotesi di impiego irregolare e occupazione di manodopera clandestina, oltre alla somministrazione irregolare di lavoratori derivante dal contratto di “pseudo-appalto” tra i due imprenditori, che nella realtà dei fatti dissimulava un vero e proprio affitto di manodopera. I due soggetti saranno deferiti all’Autorità giudiziaria competente. Per loro, inoltre, si prospettano sanzioni amministrative per oltre 15mila euro.