L’accesa discussione di questi ultimi giorni intorno al regime del 41 bis, meglio conosciuto come “carcere duro”, ha innescato una serie di dibattiti tra i partiti politici ma anche scontri tra le Forze di Polizia ed anarchici insurrezionalisti. La scintilla è scaturita a seguito della visita in carcere fatta da alcuni esponenti parlamentari del PD al detenuto Alfredo Cospito, sottoposto al regime del 41 bis, responsabile di gravi reati con finalità eversiva (gambizzazione di un dirigente dell’Ansaldo Nucleare e strage ai danni dello Stato, per avere collocato due ordigni esplosivi nei pressi di una Caserma dell’Arma dei Carabinieri), che dal mese di ottobre ha iniziato a rifiutare il cibo. Al di là delle polemiche politiche, laddove il PD accusa i parlamentari di Fratelli d’Italia di aver divulgato notizie riservate attinenti ai contenuti dei colloqui intrattenuti anche con esponenti della criminalità organizzata, in ordine al quale sta procedendo la Magistratura capitolina, resta il fatto che Cospito ha sostenuto che la sua protesta era finalizzata ad un totale abbattimento del regime del “carcere duro”, anche nei confronti dei mafiosi, ottenendo una sorta di approvazione da parte del gruppo dei “visitatori”, tant’è che la stampa nazionale ha riportato dei tweet postati da alcuni parlamentari del PD che chiedono una revisione di tale sistema detentivo.
La “ratio” del 41 bis
La “ratio” del 41 bis
Forse non tutti sanno che il “carcere duro” nel nostro sistema giudiziario è previsto, oltre che per i colpevoli di reati mafiosi, anche nei confronti di coloro che si sono resi responsabili di reati di terrorismo ed eversione nonché di altri reati di particolare allarme. La ratio è quello di evitare contatti con l’esterno, ovvero impedire che alcuni detenuti pericolosi possano continuare a dettare (comandare) ordini dall’interno delle mura carcerarie alle organizzazioni criminali di appartenenza. Ma il dato importante, che pochi hanno sottolineato, sta nel fatto che la criminalità organizzata potrebbe appoggiare questa sorta di protesta, supportando anche con strumenti violenti (attentati, danneggiamenti, incendi, ecc.) gli anarchici nelle varie manifestazioni contro il 41 bis che in questi ultimi giorni si sono avute a Torino, Milano, Roma ed altre città d’Italia. La mafia ha sempre cavalcato gli eventi sfruttando ogni occasione per i propri fini, evitando uno scontro diretto con lo Stato, consapevole di non avere, almeno apparentemente, alcun appoggio politico.
E se a protestare fossero i mafiosi
La stessa protesta se fosse stata attuata dai mafiosi non avrebbe avuto alcun seguito, poiché nessun esponente politico, sebbene fosse d’accordo all’abolizione del 41 bis, avrebbe sostenuto apertamente una così drastica posizione a favore delle mafie. Sarebbe stata una sciagura elettorale. L’antimafia fa aumentare i consensi, mentre l’eventuale sostegno a frange estremiste passa nell’indifferenza generale e nello stesso tempo consente di acquisire voti in un’area ibrida, non perfettamente schierata politicamente ma sicuramente in contrasto con la politica dell’attuale Governo. Non ci dimentichiamo la strategia della tensione ed i vari attentati fatti in Italia, rivendicati almeno inizialmente come atti terroristici, per poi scoprire che la matrice era mafiosa.
L’apologia delle Brigate Rosse
La recente occupazione di una Facoltà dell’università La Sapienza di Roma, attuata per dare appoggio alla richiesta di Cospito, ci deve fare riflettere. Durante una delle tante assemblee, un giornalista che è riuscito a superare lo sbarramento attuato contro la stampa, è riuscito a registrare chiari frasi di apologia alle Brigate Rosse, inneggiando al “compagno Alfredo” ed alla necessità di liberare al più presto Cospito dal carcere duro. Attenzione le Brigate Rosse non sono mai state del tutto debellate e l’attuale scenario politico, con infondate proteste, celate dietro ad un possibile ritorno del fascismo, potrebbe innescare dei veri e propri scontri di piazza riportandoci indietro di molti anni. (g.l.)