Le mani della ‘ndrangheta sulla sanità reggina, i nomi dei medici e dei professionisti indagati

L'indagine "Chirone" ha fatto emergere come la cosca Piromalli attraverso la famiglia Tripodi avrebbe aggiustato anche la nomina dell'attuale direttore del distretto Tirrenico dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, Salvatore Barillaro

Le procedure per la nomina dell’attuale direttore del distretto Tirrenico dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, Salvatore Barillaro – posto ai domiciliari – sarebbero state alterate per rispondere alla volontà dei medici Giuseppe Antonio e Francesco Michele Tripodi – deceduti nel 2018 – che, grazie a quella nomina avrebbero poi controllato il distretto sanitario sia per le forniture di dispositivi medici che per influenzare i trasferimenti del personale. E’ quanto emergerebbe dall’inchiesta “Chirone” condotta dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (Ros) e coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che stamani ha portato all’esecuzione di 14 misure cautelari. Le indagini, secondo gli investigatori, hanno consentito di documentare gli assetti organizzativi della cosca Piromalli del ramo facente capo a Giuseppe, di 76 anni, nell’ambito della quale avrebbero assunto una posizione di particolare rilievo i medici Tripodi. Francesco Michele Tripodi era genero del decano Girolamo Piromalli “Don Mommo”. Il figlio di Francesco Michele, Fabiano, è risultato figura di riferimento degli assetti societari operanti nel settore sanitario della Minerva, Mct Distribution & Service srl e Lewis medical srl.

“Forniture aggiudicate tramite corruzione del personale”

“Forniture aggiudicate tramite corruzione del personale”

Attraverso l’azienda Mct, secondo l’accusa riconducibile al sodalizio, e alla Lewis Medica, che faceva da “schermo”, essendo aggiudicatrice di appalti di fornitura all’Asp di Reggio Calabria, la cosca sarebbe riuscita ad ottenere gli ordinativi per la fornitura dei materiali medicali nei presidi dell’Asp, in particolare negli ospedali di Gioia Tauro, Polistena, Locri e nell’Azienda ospedaliera del capoluogo. I proventi delle forniture venivano ripartiti, tra la Mct di Gioia Tauro e la Lewis Medica di Lamezia Terme nella misura del 50% allo scopo di eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniali, ragione per la quale sono state oggetto di sequestro preventivo. Le aziende riuscivano ad accaparrarsi le forniture sia ricorrendo a procedure di affidamento diretto, sia attraverso un collaudato sistema di corruttela del personale medico e paramedico incaricato delle richieste di approvvigionamento. Secondo gli investigatori sono stati infatti registrati diversi episodi di corruzione, che riguardavano oltre a regalie di diverso genere, l’elargizione di contributi legati a percentuali su commesse garantite alle ditte, che variavano dal 2,5 al 5% a seconda del prodotto e dell’ordine effettuato. Inoltre l’organizzazione avrebbe goduto di una via preferenziale per le liquidazioni dei mandati di pagamento in favore del laboratorio clinico Minerva di Gioia Tauro, convenzionato con il Ssn e direttamente riconducibile ai Tripodi. Inoltre, i soci della Mct sarebbero stati pienamente consapevoli di quali fossero i contatti “mafiosi” a cui potevano rivolgersi dimostrando così  la loro piena intraneità ai sodalizi criminali della piana di Gioia Tauro. Dall’inchiesta sono emerse sinergie criminali e imprenditoriali nel settore sanitario con la cosca “Mole'” i cui esponenti figuravano, insieme a quelli dei “Piromalli”, nell’assetto societario della Mct. Inoltre il rappresentante della Lewis Medica era in rapporti con la cosca “Pesce” di Rosarno. Gli indagati nell’inchiesta sono 18.

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