Maestrale 2

Le soffiate investigative del medico legale ai Bonavota, il pentito Mantella: “Sfuggii all’arresto”

Il manager dell'Asp di Vibo a disposizione delle consorterie: dall'alterazione delle consulenze alle relazioni mediche per agevolare i clan

Relazioni mediche per fare ottenere benefici o evitare provvedimenti disciplinari ai sodali detenuti, intercedendo con altri camici medici e professionisti dell’Asp vibonese per far cancellare o alleggerire sanzioni amministrative, rivelando notizie riservate, riguardanti indagini in corso e imminenti arresti. Notizie acquisite grazie alle entrature nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine, ottenendo in cambio beni materiali, somme di denaro, protezione da richieste estorsive e appoggio elettorale, come nel caso delle elezioni provinciali del 2004, quando Alfonso Luciano avrebbe cercato e trovato il sostegno della cosca Bonavota di Sant’Onofrio.

Lui, dirigente sanitario del carcere di Vibo, direttore dell’Ufficio di protezione e prevenzione aziendale dell’Asp e perito medico-legale, indagato a piede libero per concorso esterno in associazione mafiosa nella maxi inchiesta della Dda di Catanzaro, coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri, nome in codice “Maestrale 2”, secondo i pm antimafia sarebbe stato il professionista di riferimento della ‘ndrangheta nell’Azienda sanitaria provinciale vibonese, a disposizione per questioni di tipo sanitario oltre che dei Bonavota, delle cosche Lo Bianco, Mantella, Pardea, Camillò.

Lui, dirigente sanitario del carcere di Vibo, direttore dell’Ufficio di protezione e prevenzione aziendale dell’Asp e perito medico-legale, indagato a piede libero per concorso esterno in associazione mafiosa nella maxi inchiesta della Dda di Catanzaro, coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri, nome in codice “Maestrale 2”, secondo i pm antimafia sarebbe stato il professionista di riferimento della ‘ndrangheta nell’Azienda sanitaria provinciale vibonese, a disposizione per questioni di tipo sanitario oltre che dei Bonavota, delle cosche Lo Bianco, Mantella, Pardea, Camillò.

Un mercinomio della funzione pubblica ricoperta, secondo la Dda, quella svolta da Luciano, strumentalizzando la professione esercitata alle esigenze dell’ organizzazione, garantendo esiti giudiziari favorevoli ai sodali con la redazione di consulenze mediche formate ad hoc. Illeciti che il consulente avrebbe messo in atto “dagli anni ’90 con condotta in atto”, come è emerso dalle risultanze investigative e dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Bartolomeo Arena riferisce l’episodio in cui Alfonso Liciano, direttore sanitario del carcere di Vibo si era messo a disposizione di Domenico Camillò, 82 anni, imputato in Rinascita Scott, esponente di vertice della consorteria di ‘ndrangheta di Vibo Valentia, con stretti legami con il Crimine di Polsi e in particolare con il capo Domenico Oppedisano.

Il pentito Mantella: “Fuggii all’arresto”

Andrea Mantella nei verbali di interrogatorio lo indica come referente del boss defunto Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta, confessando di essere stato avvisato dell’esecuzione dell’operazione Asterix proprio grazie a Luciano, tramite i vertici Domenico Bonavota e Francesco Salvatore Fortuna. Vicende ribadite dal collaboratore nel corso di un successivo verbale, in cui specifica che la rivelazione di Luciano, gli aveva consentito di sfuggire all’esecuzione di quella misura cautelare, rendendosi latitante. A riscontro delle parole del pentito, in effetti Mantella il 7 marzo 2005 riesce a sfuggire all’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Vibo e la successiva cattura avviene a distanza di circa un anno, il 3 febbraio 2006. 

Mantella ripercorre anche il favoreggiamento ottenuto dal  sanitario nell’ambito del processo per l’omicidio di Ferdinando Manco, ribadendo che, in prima battuta, la perizia autoptica di Luciano indicava la morte della vittima a causa degli spari provenienti da diverse armi, risultanza che corroborava gli indizi a carico dello stesso Mantella, ma in un secondo momento i fratelli Raffaele ed Alfredo Cracolici, poi uccisi, boss rispettivamente di Maierato e Filogaso, riuscirono ad avvicinare il consulente, inducendolo in dibattimento a cambiare versione o, comunque, a porre dubbi alle sue stesse precedenti conclusioni. Il collaboratore ammette che all’esito di quel processo riusciva ad ottenere una pena esigua. 

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