L’editoriale, a Catanzaro ieri ha rivinto la politica…politicante

di Danilo Colacino – Ci facciamo amici un po’ tutti – sì certo, come no? – dicendo la verità. Non la nostra oltretutto, ma quella oggettiva. ‘Pesante’. Che in tanti conoscono, ma pochi o nessuno svelano. E non in ragione del fatto che siamo portatori del Verbo bensì perché quanto successo ieri in occasione di uno dei tanti consigli comunali del capoluogo – svoltosi mentre ognuno dei protagonisti, o presunti tali, pensava a tutt’altro – lo hanno nitidamente visto la manciata di presenti e quanti dovranno raccontarlo (i colleghi giornalisti).

Solo che, per fortuna dei politici catanzaresi e non solo, della verità – con la V maiuscola o minuscola – non interessa ad alcuno. Malgrado ciò, però, i Nostri – tanto per non lasciare alcunché al caso – si sono persino fatti rassicurare dal dato che gli articoli su di loro, e il lavoro espletato nell’esercizio del mandato ricevuto, sono o sarebbero tendenzialmente poco letti. Ecco allora che possono fare un po’ come gli pare, poiché la gente non è in realtà stanca di leggere e nemmeno di lottare. Ma è al contrario vittima del bisogno. Un vincolo che obbliga chi è ‘dipendente’ a distorcere o celare gli accadimenti più solari, turandosi naso e bocca o tappandosi gli occhi, mentre chi è libero opta per l’astensionismo. Una sconfitta della democrazia e, di contro, una vittoria del sistema.

Solo che, per fortuna dei politici catanzaresi e non solo, della verità – con la V maiuscola o minuscola – non interessa ad alcuno. Malgrado ciò, però, i Nostri – tanto per non lasciare alcunché al caso – si sono persino fatti rassicurare dal dato che gli articoli su di loro, e il lavoro espletato nell’esercizio del mandato ricevuto, sono o sarebbero tendenzialmente poco letti. Ecco allora che possono fare un po’ come gli pare, poiché la gente non è in realtà stanca di leggere e nemmeno di lottare. Ma è al contrario vittima del bisogno. Un vincolo che obbliga chi è ‘dipendente’ a distorcere o celare gli accadimenti più solari, turandosi naso e bocca o tappandosi gli occhi, mentre chi è libero opta per l’astensionismo. Una sconfitta della democrazia e, di contro, una vittoria del sistema.

Quale? Semplice: il meccanismo che ha portato il sindaco Sergio Abramo, rieletto due anni fa alla guida della città per continuare a propugnare la crescita di Catanzaro, a essere da circa sei mesi invece impegnato in una sorta di campagna elettorale ombra con l’aiuto di chi dall’estrema periferia della Calabria è arrivato a Roma fino addirittura alla stanza dei bottoni della Lega allo scopo di far diventare il suo amico Sergio governatore e poi passare all’incasso (politico, ci mancherebbe. Cosa avete capito);

che ha spinto il capo locale di Forza Italia, in attesa di vedere…come butta, a ordinare ai suoi in Comune di esaltare le mirabili imprese di Abramo. Lodi doviziosamente annotate sul nostro taccuino, che ci chiediamo retoricamente se verranno con grande onestà intellettuale riconfermate in un eventuale derby per il vertice della Cittadella tra lo stesso Abramo e Mario (o Roberto) Occhiuto. Profilo della faccenda che non vediamo l’ora di riscontrare;

che ha costretto uno dei Masaniello dell’opposizione (Sergio Costanzo) a disertare l’assise per motivi d’opportunità perché, sebbene abbia ribadito in ogni modo possibile di volersi candidare nelle fila del centrosinistra, se ci fosse in campo Abramo in un centrodestra spaccato ovvero senza il sostegno dell’arcinemico costanziano forzista chissà…;

che ha convinto gli aspiranti leghisti Giovanni Merante e Antonio Trifiletti a fare altrettanto, sempre per l’identica ragione;

che in nome di interessi superiori fa emanare delibere per tutto a eccezione del ripristino dell’Aula Rossa di Palazzo De Nobili, rispetto a cui si è sbrigativamente detto: “servono i fondi regionali per intervenire”;

che ha designato Marco Polimeni e Fabio Talarico (poco più di 60 anni e 1.200 voti in due) papabili successori di Re Sergio, sindaco e presidente, quali migliori principi del monarca stesso;

che ha ridotto ai minimi termini una Sinistra (ma forse qui, una volta tanto, il sistema non c’entra) senza più il Pd e rappresentata ormai – Costanzo a parte – da Nicola Fiorita, Fabio Celia, Gianmichele Bosco, Roberto Guerriero, Libero Notarangelo e Cristina Rotundo, i quali sono nella scomoda posizione di cantare e portare la croce. Pieni di problemi, anche loro, e tra ‘color che son sospesi’ fra l’essere rimasti orfani di importanti riferimenti e qualche divisione interna mica da ridere. Inutile, però, farla lunga, tanto non ci leggono che appena quattro gatti. E poi l’elenco da noi proposto corre il rischio di essere pletorico, se non addirittura infinito.

Tutto giusto e perfetto, quindi, se non fosse che chi di tatticismo ferisce, talvolta proprio di tatticismo perisce. Ecco a cosa conduce, infatti, la via della politica…politicante del Terzo Millennio che è riuscita ad abolire (o quantomeno attenuare di molto) il vero valore del voto e il contatto con un corpo elettorale, comunque debole perché assai meno libero rispetto a 30 anni fa, distratto e pronto a ingoiare la…qualunque. In queste condizioni, dunque, cosa volete che importi di un civico consesso del capoluogo in cui addirittura il sindaco prima non ascolta l’intervento – a lui rivolto – di Bosco e poi, entrando in Aula a lavori già conclusi, gli dice sardonicamente: “Vuoi parlare adesso?”. Non una cattiveria e nemmeno un mancanza di rispetto, per carità, soltanto…uno sberleffo del potere.

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