di Danilo Colacino – Chi ha assistito al consiglio comunale catanzarese di ieri è apparso un po’ disorientato. Addetti ai lavori compresi.
E il motivo è presto detto. Delle due, l’una, infatti: o nel ‘monocolore aabramiano’ è andata in scena una sorta di supercazzola per far vedere che, seppur interna, una sorta di opposizione pur larvata esiste o, al contrario, le crepe ci sono. Eccome.
E il motivo è presto detto. Delle due, l’una, infatti: o nel ‘monocolore aabramiano’ è andata in scena una sorta di supercazzola per far vedere che, seppur interna, una sorta di opposizione pur larvata esiste o, al contrario, le crepe ci sono. Eccome.
Ben nascoste, magari, come quei fiumi carsici che spuntano in superficie quasi dal nulla.
E già, perché dall’apparente dolce minuetto (lo stesso capogruppo di Catanzaro da Vivere Ezio Praticò è ad esempio intervenuto, parlando metaforicamente di “Troppo zucchero” in Aula), a cui anche parte della minoranza non si è sottratta non spiegando che il reale iperattivismo anti-sindaco mostrato fino ad ora poggia in realtà soprattutto sul rancore nutrito da tempo immemore nei confronti del padre-padrone di Forza Italia provinciale ormai però assai distante da Abramo e non dunque in via principale sulla contrarietà all’opera del Sergiun peraltro condivisa e favorita per anni, qualche ‘velenoso spunto’ è venuto fuori.
Basti pensare al botta e risposta al vetriolo tra la neo-capogruppo forzista Roberta Gallo e il suo predecessore Luigi Levato – adesso transitato nel Misto, ma ormai Abramo-boys – il quale ha sostanzialmente denotato la profonda delusione di quest’ultimo, per la verità rimbrottato dalla ormai lanciata Roberta nel suo intervento, per essere stato in passato messo parecchio in ombra dalla collega malgrado i 1.500 voti presi.
Preferenze che, secondo il Luigi-pensiero, valgono di più dell’ars dicendi poiché sinonimo di presenza nel territorio e conseguente gradimento popolare. E forse con i tempi che corrono ha ragione lui.
Ecco allora che avendo piacevolmente ieri fatto la sua comparsa in assemblea il latino, portato da Praticò ma anche da altri, come gli antichi romani a Levato suggeriamo di dire: “Studere, studere, post mortem quid valere” e “ante mortem quod servire” (aggiungeremo noi, assistendo al desolante panorama attuale)?
Ma non solo: tra buche da riparare, lampioni da installare e nuove strade da realizzare, li ‘stenda’ tutti il buon Luigi a cui suggeriamo, sia chiaro sommessamente e indegnamente, di esordire alla prossima assise civica con un “primum vivere deinde philosophari”.
Che, tanto, al catanzarese-medio e pure a quello ‘alto’ basta si facciano le cose o almeno si finga di farle.