di Danilo Colacino – Una fotografia impietosa del capoluogo calabro. La scatta, ormai da ventuno giorni a questa parte, la trasmissione di Massimo Giletti “Non è l’Arena” per cui la vicenda Gettonopoli a Palazzo De Nobili è diventata una sorta di emblema di un’Italia, quella della politica ma non solo, che non funziona.
Che, molto peggio persino di così, si regge desolatamente su una relazione incentrata in maniera morbosa sulla logica del do ut des mentre ‘la casa brucia’ con le stesse presunte vittime (i cittadini) ‘complici’ con il voto condizionato degli artefici dello sfascio.
Che, molto peggio persino di così, si regge desolatamente su una relazione incentrata in maniera morbosa sulla logica del do ut des mentre ‘la casa brucia’ con le stesse presunte vittime (i cittadini) ‘complici’ con il voto condizionato degli artefici dello sfascio.
Già, perché in molti paiono d’accordo o semplicemente vivono a loro agio all’interno del circolo vizioso con tutto ciò che ne deriva.
Un dato che ha messo in rilievo – proprio nel noto programma de la7 – il nostro editore Fabio Celia, ospite da consigliere comunale dimissionario del capoluogo, il quale incassa un complimento dal valore inestimabile. “Si dimettono solo gli innocenti” sentenzia infatti l’ex magistrato Antonio Di Pietro chiamato, fra gli altri, dal presentatore Giletti a fungere da qualificato opinionista insieme al professore universitario e giornalista Alessandro Cecchi Paone.
Celia, del resto, è uno dei pochi, peraltro, ad aver fatto quello che a chiunque (a eccezione del desaparecido, dalle telecamere almeno, Sergio Abramo, del fido Marco Polimeni e degli improvvisamente ammutoliti sodali) parrebbe un doveroso passo indietro e perciò viene lodato. Da tutti.
Comunque sia, molto pesanti proprio le frasi di quest’ultimo apparso sconsolato e sconfortato in diretta Tv: “Mi chiedete il motivo per cui in Calabria, e nella mia Catanzaro in particolare, sono sempre gli stessi a essere votati. Ebbene, la risposta è tanto banale quanto disarmante: c’è un bisogno spesso disperato e la gente, allora, non è libera. Come potrebbe infatti esprimere in modo autonomo le sue idee? In quale maniera può scegliersi rappresentanti portatori di valori che gli sono affini, ma magari avulsi da una certa deteriore gestione del potere? Semplice: non può, dovendo ripiegare su chi gli offre qualcosa”.