di Danilo Colacino – Continuiamo a ripeterlo quasi fosse un mantra, rivendicando la primogenitura della nostra analisi – anzi della notizia data – datata 9 marzo scorso: il centrodestra alle prossime elezioni regionali difficilmente correrà unito salvo il partito del Cav non rinunci alla supremazia (leggasi passo indietro sull’investitura di Mario Occhiuto presidente).
La guida della coalizione sarebbe infatti detenuta dagli Azzurri sulla base di accordi ormai ‘troppo vecchi’ e non certo del potenziale di voti da vantare. Una carta affatto vincente da calare sul tavolo della complessa partita per andare al vertice della Cittadella. Nel frattempo, però, ogni cosa sembra procedere seguendo l’ambito entro cui è incardinata. Perché? Semplice: tutti attendono le Europee per capire i rapporti di forza nazionali fra i due azionisti dell’Esecutivo Conte, Lega e Movimento Cinque Stelle.
La guida della coalizione sarebbe infatti detenuta dagli Azzurri sulla base di accordi ormai ‘troppo vecchi’ e non certo del potenziale di voti da vantare. Una carta affatto vincente da calare sul tavolo della complessa partita per andare al vertice della Cittadella. Nel frattempo, però, ogni cosa sembra procedere seguendo l’ambito entro cui è incardinata. Perché? Semplice: tutti attendono le Europee per capire i rapporti di forza nazionali fra i due azionisti dell’Esecutivo Conte, Lega e Movimento Cinque Stelle.
E soltanto allora si regoleranno di conseguenza, magari anche fino al punto di far sciogliere le Camere e far tornate il Paese al voto. Il vicepremier Matteo Salvini spera ad esempio di passare fortemente all’incasso – per come gli preannunciano sondaggi quasi unanimi a lui davvero molto favorevoli – sullo stile dell’omonimo Renzi nel 2014 (per cui comunque tale ‘Grande Slam’ rappresentò l’inizio della fine. Ma questa è un’altra storia) e di mettere sotto scacco lo scomodo alleato e omologo Luigi Di Maio, che dal canto suo trema all’idea del sorpasso da parte del Pd.
Un risultato choc per i pentastellati, semmai si profilasse, che certificherebbe l’emorragia di consensi di un M5S prosciugato e logorato dall’esperienza di Governo ad assoluto vantaggio dei leghisti, invece in continua crescita. Ma c’è di più: il flirt tra lo stesso Salvini e la lìder maxima di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni è ormai ‘amore puro’ e allora, malgrado la Lega potrebbe decidere di andare avanti con i grillini a Roma, a livello locale si dovrebbe cominciare a rodare la ‘federazione programmatica’ Lega-Fdi con il cosiddetto Laboratorio Calabria a fungere da apripista. Prove tecniche di alleanze di Governo che alle latitudini calabresi sarebbero sintetizzate dalla sancita incoronazione dell’on. Wanda Ferro alla presidenza.