L’impero dei Perri e le accuse dei pentiti: “Non sono vittime. Un colosso costruito con la ‘ndrangheta”

Nell'inchiesta della Dda di Catanzaro "Mare Magnum" l'origine del regno economico costruito dai fratelli Perri a Lamezia e nel suo hinterland

 di Gabriella Passariello- Il vero e proprio dominus intorno al quale ruotavano tutte le attività commerciali del Gruppo Perri è Francesco, detto Franco, imprenditore di riferimento della cosca Iannazzo, tra cui si instaura un legame a prestazioni corrispettive che non ha nulla a che vedere con un’imposizione mafiosa, costruita con le vessazioni, tra tangenti e pizzini. Qui non c’è un imprenditore “vittima”, ma un imprenditore “colluso” con la ‘ndrangheta, tramite la quale ha ottenuto l’incondizionata “protezione mafiosa” sulle proprie imprese. Nel decreto con il quale il Tribunale di Catanzaro, ufficio Misure di prevenzione, ha disposto il sequestro di 800milioni di euro nell’ambito dell’inchiesta della Dda guidata da Nicola Gratteri, nome in codice Mare Magnum (LEGGI), si parla di un impero creato nel tempo, come confermato dalle propalazioni dei collaboratori di giustizia Gennaro Pulice Rosario Cappello, Giuseppe Giampà, Giovanni Governa, relativamente al periodo in cui era collaboratore e  Pasqualino D’Elia.

“Non potevano costruire quell’impero onestamente”

“Non potevano costruire quell’impero onestamente”

Un impero, i cui primi mattoni sono stati posizionati dal padre di Francesco, Antonio Perri (ucciso nel 2003), grazie agli aiuti delle cosche, occupandosi di commercializzare materiale alimentare, vendendo nei propri negozi merce rubata. Un semplice lavoratore che partiva da una posizione modesta e che  a detta del  pentito Gennaro Pulice non avrebbe mai potuto onestamente creare quel colosso di attività commerciali. Antonio Perri era un uomo inserito appieno nelle dinamiche criminali della famiglia Cannizzaro, che gli ha fornito, sempre secondo il pentito la “giusta strada” per ottenere la certificazione antincendio per l’apertura del supermercato Midway sottolineando la gestione del malaffare con la vendita di materiale edibile contraffatto, per intenderci parliamo di materiale scaduto rietichettato per la vendita, che creava utili a Perri, inizialmente inserito nella cosca Cannizzaro e non con i Iannazzo, che in una prima fase nemmeno conosceva.

“I Perri da sempre legati alla ‘ndrangheta”

Questo nuovo rapporto si sarebbe poi creato con l’erede Francesco Perri e il pentito spiega come Antonio effettuasse innumerevoli regalie alla famiglia Torcasio riferendo, come prima il padre con i Torcasio e dopo i figli con i Iannazzo, siano sempre stati vicini alle logiche criminali dell’hinterland lametino. Pulice racconta del boom commerciale di Antonio Perri, dovuto alla rivendita di materiale rubato, che gli avrebbe permesso di produrre un patrimonio importate in pochissimo tempo. A prendere in mano le redini delle attività è stato Francesco Perri e il pentito Angelo Torcasio il 3 gennaio 2012 ribadisce la natura dei benefici reciproci scaturiti dalla relazione instaurata con la cosca “Iannazzo”, in particolare con Vincenzino figura apicale dell’omonimo sodalizio mafioso. Il collaboratore spiega che grazie alla disponibilità di Perri nei confronti della cosca, quest’ultima è riuscita ad ottenere, tramite  imprese riconducibili o comunque vicine agli stessi Iannazzo, l’affidamento di imponenti lavori di realizzazione del Centro Commerciale “Due Mari” e la fornitura di prodotti nei supermercati. In cambio, conscio di rivolgersi alla figura apicale di una consorteria mafiosa, Perri sarebbe stato in condizione di richiedere a Vincenzino Iannazzo di attivarsi per trovare la salma del padre precedentemente trafugata e intervenire per scongiurare l’apertura a Lamezia Terme dei supermercati concorrenziali sotto il profilo qualità prezzo, di adoperarsi per far cessare le attività illecite poste in essere da alcuni ragazzi nei pressi del parcheggio del Centro Commerciale “Atlantico”, di proprietà della società La Nuova Nave Sri della famiglia Perro, che infastidivano la clientela e  di far gambizzare il proprio fratello Marcello.

Il tentativo di gambizzare il fratello per questioni economiche

In particolare l’atto intimidatorio, spiega il pentito, sarebbe stato richiesto da Francesco Perri alla cosca Iannnazzo che, a sua volta, si sarebbe rivolta per la materiale esecuzione alla famiglia Giampà, specificando i motivi per i quali i propositi intimidatori non andarono in porto in seguito  all’arresto dello stesso Torcasio. Un aspetto questo che trova riscontro  anche nelle risultanze delle banche dati dello “SDI”, laddove è emersa traccia dell’esistenza di dissapori tra Marcello Perri e il  resto dei componenti della propria famiglia, culminati anche in vicende giudiziarie.  Dissapori insanabili collegati alla volontà di Marcello nel maggio 2011 di recedere dalle compagini societarie di famiglia con conseguente diritto a ottenere un cospicuo indennizzo. Le dichiarazioni di Angelo Torcasio evidenziano da un lato l’appoggio mafioso cui si sono avvalse le imprese commerciali dei Perri per imporre i propri prodotti sul mercato, aggirando le normali regole concorrenziali, dall’altra, pongono in risalto la “disponibilità” in favore della cosca Iannazzo manifestata dall’imprenditore Francesco Perri attraverso le proprie aziende.

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