L’impiegata “infedele” delle Poste di Catanzaro al servizio dell’imprenditore colluso

di Damiana Riverso Una vera e propria associazione che si serviva di varie figure per portare a termine i propri affari. È quanto emerge dall’indagine “Basso profilo” condotta dalla Dda di Catanzaro. L’inchiesta si concentra sulla figura dell’imprenditore Gallo, delle sue amicizie con i politici e con tutta la corte di persone che a vario titolo erano al suo servizio. Dalle indagini è emersa la figura dei fratelli Drosi, Valerio, ma in particolare Antonella, impiegata “infedele” delle Poste all’ufficio di Santa Maria di Catanzaro che agevolava le operazioni di prelievo degli associati o dei loro incaricati, omettendo di segnalare anche se obbligata in qualità di intermediario finanziario le operazioni sospette.

Il meccanismo per aiutare “gli amici”

Il meccanismo per aiutare “gli amici”

Drosi utilizzava un linguaggio tale da poter individuare facilmente “gli amici” inviati per il prelievo e compiere velocemente le operazioni. Consigliava emissioni di assegni postali in un ufficio a favore di persone che poi si sarebbero recate in altre filiali per ritirare materialmente gli assegni. Lo scopo era quello di prelevare il denaro in maniera più veloce possibile, evitando di far scattare le segnalazioni per operazioni sospette da parte di Banche e Poste.  Gli associati pensavano a lei anche di fronte a un nuovo “modus operandi”: ad esempio quando è stato possibile avere disponibilità di assegni sottratti a terzi ma non rubati e relativi a conti correnti che contenevano denaro. In questa operazione era necessaria la collaborazione di un cassiere delle Poste il quale avrebbe dovuto permettere il prelievo fraudolento, o segnalare al prelevatore dell’organizzazione l’impossibilità di prelevare in caso di alert. E Drosi era il cassiere perfetto, si incontrava fuori dall’orario di lavoro, a casa sua, nel quartiere Fortuna di Catanzaro, per farsi consegnare le carte prepagate e i relativi pin agganciate ai conti correnti e, dietro richiesta, effettuava in prima persona le operazioni di prelievo del denaro in sostituzione delle “teste di legno” che fino a quel momento si erano dovute comunque recare ogni volta negli uffici postali.

Intoccabile grazie alla sorella

In cambio della sua disponibilità era prevista una ricompensa: il mantenimento del fratello Valerio al quale veniva corrisposto uno stipendio di 1000 euro al mese per l’incarico ricoperto in una delle società con sede nel Lazio: veniva pagato l’affitto di casa, il vitto e le spese per il riscaldamento e finanche il tagliando di manutenzione dell’auto. La donna è entrata nella “consorteria” grazie a Eliodoro Carduccelli e Andrea Leone, coinvolti anche loro nell’inchiesta. Con lo stesso Carduccelli, Drosi si sincerava spesso della continuità lavorativa del fratello ricevendo ripetute rassicurazioni sul fatto che “nessuno lo avrebbe mai cacciato”.  Valerio Drosi era comunque mal visto da molti “associati” e anche dallo stesso Gallo per il fatto che “lavorava poco e male e che teneva un comportamento insofferente, confidando sul fatto di essere intoccabile per il ruolo rivestito dalla sorella”.

“Si sente un galletto e non fa un cazzo”

Questo si evince anche da alcune intercettazioni: “Valerio Drosi… questo qua è praticamente il fratello di una che lavora nella posta, quella di Santa Maria, la posta che gli dà più soldi in assoluto a loro… perché praticamente questo è intoccabile… è il fratello di una che lavora alla posta…. per questo si sentiva il galletto… e si sente tranquillamente in diritto di non lavorare e non fare un cazzo, lo fa per finta… che fa qualcosa ma non fa un cazzo”.

In effetti emerge chiaramente che i benefit di cui godeva Drosi erano tutti determinati dall’importanza strategica che veniva riconosciuta alla sorella, la quale viene indicata come l’unica in grado di poter fare certe operazioni. Per questo motivo Gallo, seppur intollerante alla figura di Valerio, ribadiva la necessità di continuare a stipendiarlo.

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