L’incubo di un catanzarese maltrattato e aggredito dalla moglie, indagato anche il figlio

Nell'avviso di conclusione delle indagini il coinvolgimento nella drammatica vicenda del figlio della coppia: "Sei un buono a nulla"

di Gabriella Passariello-  Arriva al capolinea l’inchiesta sulla donna che avrebbe umiliato, aggredito e offeso il marito e che ha portato i carabinieri circa un mese fa a notificarle un’ordinanza di misura cautelare agli arresti domiciliari disposta dal gip Gaia Sorrentino su richiesta della Procura, aggravando la posizione di R. S., 62 anni, di Catanzaro, prima sottoposta all’allontanamento dalla casa familiare con divieto di avvicinamento al marito. Non senza sorprese. Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari vergato dal sostituto procuratore Silvia Peru oltre alla moglie risulta indagato anche il figlio della coppia G. L., 27 anni, per maltrattamenti in famiglia in concorso. Entrambi secondo le ipotesi accusatorie avrebbero vessato l’uomo, pretendendo continuamente somme di denaro, sputandogli addosso e impedendogli di entrare in casa:  “Devi andare via da casa, sei un poco di buono, non vali a niente, provieni da una famiglia squallida, ti prendo con il palo, ti butto dalle scale”. Il 30 aprile scorso, dopo l’ennesimo litigio per futili motivi, la donna, indagata non solo  per maltrattamenti in famiglia, ma anche per lesioni personali aggravate e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, avrebbe afferrato la scopa, strofinandola sul viso del marito, “vieni che ti faccio la barba” e  colpendolo al braccio destro.

Non le dà i soldi e lo spinge facendogli sbattere la testa al muro

Non le dà i soldi e lo spinge facendogli sbattere la testa al muro

Circa due mesi dopo, solo perché il marito si sarebbe rifiutato di darle danaro, gli  avrebbe intimato di restare fuori casa, spingendolo con forza fino a fargli sbattere la testa contro un muro, cadendo a terra. La moglie avrebbe procurato al marito lesioni consistite in un trauma cranico da aggressione domestica, come da verbale del Pronto soccorso dell’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, eludendo, tra l’altro l’esecuzione di un decreto del Tribunale civile di Catanzaro del 30 giugno 2021, con il quale veniva revocato il decreto di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare, impedendo al marito di rientrare in casa.

“Se torni a casa, sarà la tua fine, sei già morto”

In un’occasione, la donna gli avrebbe scaraventato gli indumenti giù dal balcone, riversandoli in strada, poi lo avrebbe contattato al telefono avvisandolo di andare a raccogliersi tutta la roba “che te l’ho buttata fuori e stai attento a non tornare, sarà la tua fine, perché sei già morto”. Minacce, prevaricazioni che si sarebbero ripetute anche il 3 agosto scorso quando il marito rientrato nell’abitazione coniugale, portando con sé indumenti e medicine salvavita, si è trovato di fronte la moglie che con appellativi “poco eleganti”  si sarebbe rivolto al marito affermando in tono perentorio “se torni ti ammazzo… non ti faccio fare una bella fine” e il giorno dopo avrebbe preso le medicine del marito, le avrebbe riposte nel balcone, esponendole al caldo e al sole, impedendo al consorte di prenderle, con un avvertimento “se vuoi stare a casa deve pagare l’affitto”.

Aggredito anche dal figlio

Il 5 agosto scorso alla vista del marito, recatosi a casa per riprendersi alcuni effetti personali, gli avrebbe dato un ultimatum, l’ennesimo: “non hai capito che qui non ci devi più venire! Quante altre volte te lo devo dire e vattene via immediatamente”. Nei giorni successivi, la donna avrebbe continuato ad insultare il marito, aggredendolo verbalmente, ballando, cantando, aprendo e chiudendo cassetti per impedirgli di riposare. Ma c’è di più. A marzo e ad ottobre scorso, la vittima, sarebbe stata aggredita verbalmente e fisicamente anche dal figlio per il solo fatto di essersi rifiutata di corrispondergli la somma di denaro richiesta.  Fin qui le ipotesi di accusa, di fronte alle quali, gli indagati, assistiti dal legale Francesco Mancuso, avranno venti giorni di tempo, per chiedere di essere interrogati, sentiti dal pubblico ministero, depositare memorie difensive e compiere qualsiasi atto utile per l’esercizio del diritto di difesa, prima che il magistrato proceda oltre con una richiesta di rinvio a giudizio.

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