Fondatore del “Festival Leggere & Scrivere”, direttore di quella che appella come “La mia creatura”, vale a dire il Sistema bibliotecario vibonese, punto di riferimento della cultura vibonese e non solo. Questo e molto altro ancora è Gilberto Floriani, figura poliedrica che ha fatto dei libri la sua missione di vita, tanto da arrivare a tagliare traguardi fino allora inaspettati per il territorio vibonese, culminati con – appunto – la nota rassegna che richiama ogni anno nomi e volti di primo piano del panorama culturale nazionale, e con l’assegnazione alla città capoluogo del titolo di “Vibo di Capitale italiana del Libro” del quale ha curato la progettazione. Lo incontriamo a margine della presentazione del festival, quest’anno organizzato dal Comune in collaborazione col Sistema bibliotecario.
Dottore Floriani, quest’anno il Festival è organizzato dal Comune di Vibo, ciò non toglie che non sarà un appuntamento di rilevante importanza.
Dottore Floriani, quest’anno il Festival è organizzato dal Comune di Vibo, ciò non toglie che non sarà un appuntamento di rilevante importanza.
“Assolutamente, vi saranno nomi di primo piano. Noi avevamo presentato alla Regione un progetto ma avremo una risposta solo nel 2023 e credo che sarà positiva. Era comunque importante non interrompere quello che è ormai un appuntamento storicizzato e grazie al Comune, con cui abbiamo avviato con l’Ente una collaborazione, ci siamo riusciti”.
In queste ultime settimane si sono rincorse voci non certo rosee sul futuro del Sistema bibliotecario. È cambiato qualcosa?
“Negli ultimi giorni ci sono state alcune novità che ci fanno ben sperare, per come ha riferito lo stesso presidente L’Andolina, quindi bisogna essere fiduciosi”.
Quanto è importante non perdere un punto di riferimento come il Sistema e cosa significherebbe se ciò malauguratamente avvenisse?
“Intanto auguriamoci che questo non accada mai. Si perderebbe una identità culturale immensa perché nel corso di questi 30 anni si sono realizzate numerosi e importanti iniziative. Una su questa è la più grande biblioteca pubblica calabrese, luogo di aggregazione per tutta la provincia, di dibattito di discussione, aperta alle scuole. Qui si fa cultura nel senso più ampio del termine, quindi non solo libri”.
Al Sud si legge sempre meno. Non c’è modo di invertire questo trend, e se c’è, in che modo?
“Purtroppo i dati non sono incoraggianti. Nella società calabrese, e in particolare in quella vibonese, ci sono ancora ampie sacche di analfabetismo, anche funzionale. Abbiamo i tassi di lettura più bassi d’Italia e l’indice di povertà educativa più elevati della penisola, una parte della popolazione non sa scrivere correttamente in italiano, sbaglia i verbi, i tempi. Insomma la situazione non è certo positiva. Come si può intervenire? Con riforme strutturali che partano dalle scuole nelle quali non si insegna più come una volta: Devono invogliare i bambini a leggere, leggere, leggere”.
Si parla sempre della necessità di investire sulla cultura ma poi se andiamo a vedere l’entità delle risorse – sia nazionali che locali – le somme impiegate sono sempre esigue.
“Credo che la politica abbia una idea della cultura piuttosto vaga. Si pensa che cultura faccia rima con festival o grandi eventi. Non si occupa più di tanto di musei, teatri, mentre non esistono musica classica, danza e l’Opera. La cultura spazia invece dallo spettacolo all’arte e questo non viene quasi mai compreso, ma non per malizia o cattiveria ma perché c’è proprio un limite culturale sotto questo punto di vista.
Anche la burocrazia regionale non è attrezzata; ad esempio, nelle altre regioni ci sono le Sovrintendenze Bibliografiche che si occupano di biblioteche, centri di lettura, di promozione della lettura, mentre in Calabria non c’è nessuno. Tra l’altro siamo polo regionale del servizio bibliotecario nazionale dove ci sono 140 biblioteche collegate con cui condividiamo cataloghi e servizi, e se questo crollasse tutte le realtà librarie e letterarie, comprese le università, resterebbero senza strumenti”.
Tutto questo stride con la storia culturale della Calabria, culla della Magna Graecia. Un bel paradosso.
“Ma è anche un fatto di orgoglio. Crediamoci che la Calabria possa riprendersi. Non parliamo solo di ponti sullo stretto”.
Un’ultima domanda: viste le difficoltà, conviene ancora investire sulla cultura?
“Io credo di sì. Ad esempio, ho due figli cresciuti in questo settore ed entrambi lavorano nella biblioteche svizzere con qualifiche elevate. Certo non è facile. Soprattutto alle nostre latitudini. Qui infatti è rimasto il deserto o quasi, non vi sono figure qualificate e chi sceglie di rimanere è perennemente frustrato. Fare cultura è una missione ma anche un lavoro. Ad esempio, se il “Festival Leggere & Scrivere” continuerà a crescere creerà occasioni di lavoro. L’ha fatto con “Vibo Calpitale della cultura” dove il merito è stato anche del Sistema bibliotecario”. (f.p.)