“L’Italia è un paese per vecchi”, Nursing up lancia un allarme che investe anche gli infermieri

"Oggi, dice De Palma, presidente del sindacato infermieri, abbiamo infermieri stanchi, stressati e infelici e pochi rincalzi per il futuro". 
medici e infermieri

“L’Italia è un paese sempre più vecchio: calano le nascite, aumentano in modo esponenziale gli over 65 e addirittura siamo la seconda nazione europea, dopo la Francia, con il maggior numero di ultra centenari”, questo è il grido d’allarme che la Nursing up, il sindacato infermieri lancia, attraverso il suo presidente Antonio De Palma. Il progressivo calo delle nascite e il conseguente e inesorabile invecchiamento della popolazione sono alla base delle preoccupazioni del sindacato.

Numeri allarmanti

Numeri allarmanti

Nel 2021 l’età media si è innalzata di tre anni rispetto al 2011 (da 43 a 46 anni). La Campania continua a essere la regione più giovane (età media di 43,6 anni) mentre la Liguria si conferma quella più anziana (49,4, anni).  L’Istituto Superiore della Sanità afferma che negli ultimi 50 anni l’invecchiamento della popolazione italiana è stato uno dei più rapidi tra i Paesi maggiormente sviluppati e si stima che nel 2050 la quota di ultra6 5enni ammonterà al 35,9% della popolazione totale, con un’attesa di vita media pari a 82,5 anni (79,5 per gli uomini e 85,6 per le donne). Non dimentichiamo che l’Istat, ai recenti stati generali della natalità, ha affermato che siamo ai minimi storici come nascite: e che tra 10 anni le previsioni catastrofiche indicano, nel tragico bilancio dei nuovi nati rispetto ai decessi, che potremmo essere 11 milioni in meno. Nel 2050 saranno 5,4 milioni gli anziani non autosufficienti e nel 2030 – tra appena sette anni – 4,4 milioni. 

Vecchiaia e malattie correlate

Tutto questo non può non includere in modo diretto la sanità italiana. Se, quindi, da un lato l’invecchiamento progressivo della popolazione è un importante obiettivo della sanità pubblica dall’altro, l’aumento delle patologie croniche rappresenta una priorità del sistema sanitario. Cardiopatie (Infarto del miocardio, ischemia cardiaca o malattia delle coronarie o altre malattie del cuore), Ictus o ischemia cerebrale, tumori (comprese leucemie e linfomi), malattie respiratorie croniche (bronchite cronica, enfisema, insufficienza respiratoria, asma bronchiale), diabete, malattie croniche del fegato e/o cirrosi, Insufficienza renale: sono queste le patologie croniche che rappresentano e rappresenteranno nel prossimo futuro le principali cause di morte e di morbilità.

Un problema che investe il settore infermieristico

De Palma insiste: “Qualcuno ha forse dimenticato che se invecchiano gli uomini e le donne, da una parte, dall’altra è in costante aumento anche l’età media degli infermieri, con un dato, 56,49 di età media, aggiornato al 2022, che deve essere concretamente fonte di preoccupazione per le istituzioni. Chi si occuperà degli anziani e delle loro patologie croniche? Con una carenza strutturale di 65-80 mila infermieri, che si traduce in realtà in almeno 150mila, da Nord a Sud, rispetto agli standard degli altri paesi europei che corrono veloce verso il progresso sanitario, ma soprattutto con l’invecchiamento della popolazione infermieristica, il problema che emerge alla radice è chiaro: il nostro servizio sanitario pubblico, allo stato attuale, e quello privato, non sono assolutamente in grado di fronteggiare le nuove sfide che gioco forza avremo di fronte”.

Sempre meno infermieri, sempre più infelici

“I nostri infermieri – conclude De Palma – ,i responsabili numero uno dell’assistenza sanitaria, con la loro crescente autonomia, potrebbero essere certamente in grado di rappresentare l’arma vincente per la tutela della salute degli anziani. Attenzione, abbiamo detto potrebbero. Perché diminuiscono gli iscritti ai corsi di studio delle professioni sanitarie, perché le nostre eccellenze fuggono all’estero verso prospettive di carriera degne di tal nome, perché manca un solido ricambio generazionale per sostituire chi legittimamente va in pensione, perché la professione infermieristica perde di appeal, sempre di più, giorno dopo giorno, con la conseguenza, drammatica, dell’aumento delle dimissioni volontarie.  Oggi siamo di fronte ad un esercito di infermieri stanchi, stressati, logorati, soprattutto infelici”. 

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