di Gabriella Passariello- Un’associazione, quella di “Arte di Parte” utilizzata abilmente dal suo presidente Maurizio Caligiuri, anche mediante finanziamenti pubblici per agevolare “le condotte criminali e favorire l’elusione delle pene di pluripregiudicati, minando nei loro confronti l’efficacia repressiva e rieducativa della pena”. Nella carte della richiesta vergata dal sostituto procuratore Stefania Caldarelli, con il visto del procuratore capo Nicola Gratteri e dell’aggiunto Giulia Pantano, il magistrato parla di illecite convergenze reciproche tra il principale indagato nell’inchiesta ,destinatario di una misura cautelare agli arresti domiciliari e una serie di pluripregiudicati (LEGGI QUI), che non hanno nulla a che vedere “con le nobili finalità paventate pubblicamente”. In realtà, secondo il pubblico ministero, le condizioni di indiscutibile emarginazione sociale di vasti strati del tessuto abitativo nei quartieri Isonzo, Pistoia, Aranceto e Stretto Antico costituiscono la fortuna economica e la fonte primaria di reddito di Maurizio Caligiuri.
“I pregiudicati oziano nell’associazione”
“I pregiudicati oziano nell’associazione”
Dalla visione dei filmati e dalla lettura delle relazioni di servizio dei carabinieri è emerso in particolare che l’unica attività praticata dal gruppo di detenuti monitorati è quella di oziare davanti e nei pressi dell’associazione, dove ci si intrattiene in conversazioni personali con pregiudicati e in conversazioni telefoniche, oppure si palesa la possibilità da parte dei rom di muoversi senza che l’associazione operi alcun controllo sugli arrivi e sui rientri. “Appare evidente- scrive il magistrato- che l’associazione “Arte di Parte” più che un luogo di lavoro, sembra essere punto di incontro tra pregiudicati affidati all’associazione stessa e non”. Una sorta di circolo ricreativo: nessuna attività lavorativa svolta dai detenuti in base alle convenzioni stipulate all’interno di un sistema architettato ad hoc da Caligiuri (LEGGI QUI).
Le aree verdi inesistenti
I carabinieri monitorano l’attività dell’associazione, che ha stipulato con il Comune di Catanzaro una convenzione sulla gestione dell’aree verde in tre zone della città: viale Isonzo, via della Chiesa e Via dei Caduti 16 marzo, i cui esiti aprono ad uno scenario desolante.
Dall’attività investigativa risulta in questa ultima zona l’esistenza di una strada urbana edificata su entrambi i lati senza alcuno spazio verde eccezion fatta per circa 12 alberi con aiuole ubicate ai due lati del marciapiede. Proprio la pessima manutenzione degli alberi che non vengono potati da molto tempo ha impedito di acquisire le immagini dell’unica telecamera comunale presente e oscurata dal “rigoglioso fogliame”. L’area di Viale Isonzo a fronte di formali lavori convenzionati di pubblica utilità della durata di un anno e per 3 giorni settimanali di 5 ore al dì e con 3 operatori appare abbandonata a se stessa, degradata. Stesso esito il sopralluogo eseguito il 21 luglio 2018 alle 11.30 nella sede dell’associazione in via della Chiesa.
Si tratta nello specifico di un semplice monolocale con un vano pertinenziale adibito a servizi igienici che permette di accedere, attraverso una porta secondaria che dà su una sorta di cavedio aperto alla retrostante via Bainsizza. “E’ quanto meno ironico che l’associazione che dovrebbe curare il verde pubblico della città di Catanzaro non cura neanche i propri tre metri quadrati circa”.