di Vincenzo Imperitura
E alla fine, è scoppiata anche la guerra delle campane. Sembra una scena descritta da Guareschi e invece siamo a Riace nel 2019, nella piazzetta davanti alle botteghe rimaste chiuse dopo il progressivo allontanamento dei migranti.
E alla fine, è scoppiata anche la guerra delle campane. Sembra una scena descritta da Guareschi e invece siamo a Riace nel 2019, nella piazzetta davanti alle botteghe rimaste chiuse dopo il progressivo allontanamento dei migranti.
È Domenica mattina, Mimmo Lucano e i suoi amici del comitato 21 giugno (promotori di una petizione on line capace in pochi giorni di raggiungere le cento mila sottoscrizioni) siedono davanti ad un nutrito plotone di giornalisti e a qualche attivista. Lucano parla per la prima volta a Riace dopo la revoca del divieto di dimora e la commozione scompare mano a mano che l’ex sindaco racconta della sua idea di accoglienza e dei problemi che il modello Riace aveva provocato a livello politico, sia in ambito locale che, soprattutto, nazionale. Un discorso sentito che ripercorre, per grandi linee, le dichiarazioni spontanee che lo stesso Lucano aveva rilasciato in aula durante il processo che lo vede imputato assieme ad altre 23 persone ma che viene sottolineato più volte dal suono delle campane della vicina chiesa. Ed è proprio il rumore delle campane a festa che rimbomba tra le case del borgo e interrompe più volte la conferenza stampa fiume che fa alzare la tensione. Lucano perde il filo del discorso un paio di volte e ogni volta che le campane risuonano (alla fine succederà tre volte), vola anche qualche parola pesante nei confronti del parroco – in veste di nostrano don Camillo – e gli inviti a farlo smettere diventano pressanti; dal tavolo dei relatori si prova anche a contattare, inutilmente, il vescovo. Poi le campane, così come avevano iniziato, smettono di suonare e la conferenza stampa può concludersi dopo quasi due ore. Sembrerebbe tutto archiviato come battibecco di paese ma, storia di una manciata di ore dopo, a metterci il carico da 11 è l’attuale inquilino del municipio, Antonio Trifoli, dal canto suo, anche lui abbastanza teso a causa delle dimissioni dal consiglio comunale del segretario cittadino della Lega a seguito di una sua accertata incandidabilità per una condanna a due anni per bancarotta fraudolenta divenuta definitiva nel 2003. «Il festoso suono delle campane viene inteso come una provocazione – tuona Trifoli in una nota diffusa in serata – che disturbava l’omelia di Lucano. Tutto ciò è da considerarsi volgare e inaccettabile nei confronti del parroco. L’amministrazione comunale condanna il comportamento di chi vuole imporre le proprie idee non avendo rispetto di quelle degli altri». E così, nel giorno del ritorno a casa dell’ex sindaco, scoppia l’ennesima polemica dai toni un po’ casarecci, sospesa tra «la manifestazione non era autorizzata» e «il parroco vota Lega». Guareschi avrebbe potuto scriverci un racconto beffardo, ma l’autore emiliano è morto più di mezzo secolo fa, e quella di ieri appare solo una sbiadita rivisitazione.