Luce sugli affari milionari del mercato funerario a Cittanova: arrestati medici, un sindaco e agenti della Municipale (VIDEO)

Con il concorso dell’allora parroco di una chiesa del posto, gli indagati avevano avviato lavori di ristrutturazione per poter ricavare un diretto guadagno dalla “vendita” dei loculi, pagati anche 3.000 euro dai privati

Questa mattina, nelle province di Milano e Reggio Calabria, i carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal Tribunale di Palmi e richiesta dalla locale Procura della Repubblica, coordinata e diretta dal procuratore Emanuele Crescenti. Il provvedimento è stato emesso nei confronti di 16 indagati ritenuti, a vario titolo, coinvolti in operazioni illecite celate dietro la regolare gestione del cimitero comunale.

La denuncia

La denuncia

L’operazione, convenzionalmente denominata “Aeternum”, ha preso le mosse da una denuncia presentata ai carabinieri della Stazione di Cittanova nel dicembre del 2018, quando un cittadino si era accorto che, all’interno del tumulo di un proprio caro estinto, era stata abusivamente inserita una seconda salma. La successiva attività d’indagine ha così permesso di ipotizzare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla “gestione in esclusiva” degli affari cimiteriali del Comune di Cittanova.

Gli affari del mercato funerario

Ad essere ritenuti al vertice dell’associazione 4 degli indagati, ossia l’ex custode del cimitero di Cittanova, oggi in pensione, e tre imprenditori locali, amministratori di due imprese di onoranze funebri. Secondo quanto sostenuto dagli inquirenti, i quattro, tutti sottoposti alla custodia cautelare in carcere, avrebbero creato e gestito un sistema di “gestione parallela” a quello dell’Ente locale. Sostituendosi a quest’ultimo, gli indagati avrebbero proceduto per anni ad estumulazioni non autorizzate, distruggendo o spostando in altri loculi le salme dei defunti, per far posto a nuove sepolture. Tutto questo al fine di accaparrarsi gli affari nel mercato funerario locale per conseguire e preservare la primazia delle imprese guidate dagli odierni arrestati.

Le imposte versate dai cittadini

Sempre in base alla ricostruzione compiuta dai carabinieri, coordinati dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Palmi, il pervasivo condizionamento del regolare funzionamento dei servizi cimiteriali sarebbe poi desumibile dalla capacità dei promotori del sodalizio delinquenziale di impossessarsi di quanto versato dai cittadini come imposte relative alla tumulazione dei defunti. Avendo in più occasioni ricevuto tali somme in ragione del servizio pubblico esercitato, l’ex custode – secondo l’accusa – se ne sarebbe appropriato, non versandole nelle casse pubbliche cui esse erano destinate, ossia quelle comunali per i diritti cimiteriali, quelle dell’Asp di Reggio Calabria per i diritti sanitari e quelle Statali in relazione alla marca da bollo.

Il sistema criminale

L’intero sistema criminale si reggerebbe poi su una serie di omessi controlli e falsi in atti pubblici commessi da professionisti pubblici che avrebbero, con la loro condotta, fatto in modo che il sodalizio individuato preservasse la primazia nel settore delle onoranze funebri, rendendo possibile l’arbitraria assegnazione dei loculi e l’abusiva appropriazione dell’importo che i familiari dei defunti pagavano per tasse e tributi cimiteriali.

In particolare, le illecite estumulazioni e le manipolazioni anzitempo delle salme, sempre secondo l’accusa, venivano debitamente coperte con la predisposizione di documentazioni falsificate, con cui si dava veste legale alle operazioni. Ad essere coinvolti, insospettabili medici legali dell’Asp Reggio Calabria – Servizio Igiene e Sanità Pubblica, che, chiamati a vigilare sulle estumulazioni o ad eseguire visite necroscopiche, erano pronti a sottoscriverne i verbali delle operazioni per come veniva loro dettato dagli appartenenti all’associazione. Alle volte, come ampiamente documentato dagli accertamenti tecnici compiuti dai Carabinieri, i verbali erano compilati senza che il medico legale (o altri funzionari previsti) fossero presenti sul luogo. Ciò tuttavia non impediva ai camici bianchi di richiedere il rimborso chilometrico previsto dal servizio sanitario per le visite necroscopiche, in realtà mai effettuate. Per 5 di loro, il GIP di Palmi ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari.

Il concorso del parroco

Dalle indagini è emerso poi l’interessamento di alcuni appartenenti all’associazione per l’accaparramento delle cappelle una volta appartenenti a tre confraternite religiose, disciolte nel 2007. Con il concorso dell’allora parroco di una chiesa del posto, il quale avrebbe attestato falsamente di essere proprietario delle cappelle gentilizie, in realtà tornate al patrimonio del comune con lo scioglimento degli enti ecclesiastici, gli indagati avevano avviato lavori di ristrutturazione, procedendo alla soppressione di oltre un migliaio di salme, per poter ricavare un diretto guadagno dalla “vendita” dei loculi, pagati anche 3.000 euro dai privati cittadini che, così facendo, aggiravano il regolamento mortuario, accorciando i termini amministrativi e decidendo dove seppellire i propri cari estinti Il progetto criminale, già concretizzatosi per due delle strutture, veniva interrotto solo per il tempestivo intervento dei carabinieri, che sorprendevano gli indagati intenti a sgomberare i loculi della terza cappella.

Coinvolti anche l’ex vice comandante della Polizia Municipale e due vigili

Coinvolti nelle indagini anche il comandante facente funzione della Polizia Municipale di Cittanova, all’epoca dei fatti vice comandante responsabile del servizio di Polizia Mortuaria, e due vigili, uno ancora in servizio presso il comando locale e un altro nel frattempo diventato funzionario della Polizia Municipale di un comune del Milanese. I tre dipendenti pubblici, deputati al servizio di Polizia Mortuaria e ai servizi cimiteriali, assieme all’allora responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, risultano indagati per illeciti commessi in occasione dell’esumazioni straordinaria eseguita nell’anno 2020, a seguito di appalto bandito dal Comune di Cittanova ed aggiudicato da una terza impresa del posto, il cui responsabile risulta anch’esso tra gli indagati.

Materiale di risulta mischiato a resti umani

In quel frangente, gli operai della ditta, per massimizzare il numero dei loculi liberati e rendere più economici e rapidi i lavori, avevano eseguito le dissepolture con un uno scavatore, senza alcuna attenzione alla rottura dei feretri ed alla necessità di estrarre a mano i resti mortali. Il materiale di risulta, mischiato a resti umani, veniva poi risotterrato poco distante. Gli agenti della polizia locale e il tecnico comunale, pur essendo tutti stati pienamente consapevoli delle modalità d’azione degli operai perché presenti sul posto, non intervenivano per bloccare le operazioni o, quantomeno, per imporre agli operai una diversa prassi di esecuzione delle operazioni che fosse conforme alla normativa richiamata, lasciando l’impresa libera di proseguire i lavori come più gradito.

In carcere i quattro capi promotori dell’associazione

A fronte dei gravi indizi di reità e sulla base dell’ipotesi d’accusa avanzata dall’ufficio della Procura, il Tribunale di Palmi ha emesso ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dei quattro capi promotori dell’associazione mentre, nei riguardi di ulteriori 12 indagati, le esigenze cautelari sono state assicurate dall’applicazione degli arresti domiciliari. Risultano poi sottoposte a sequestro preventivo, grazie agli accertamenti condotti dal Reparto Operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria, le due imprese di onoranze funebri coinvolte nelle indagini dei carabinieri, nonché il sequestro finalizzato alla confisca diretta o per equivalente di quella parte del patrimonio degli arrestati frutto delle condotte illecite.

Sequestrati beni per oltre 4 milioni

Inoltre, sequestrata l’area del cimitero di Cittanova interessata dalle estumulazioni illegali. Il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonterebbe a 4 milioni 500mila euro. Da ultimo, al vaglio degli inquirenti restano le condotte di ulteriori 58 indagati i quali, a vario titolo, avrebbero preso parte alle condotte degli odierni arrestati, pur senza prendere parte all’associazione delittuosa contestata a quattro di questi ultimi.

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