(D.C.) – Un uomo buono, che ti accoglieva con un sorriso coinvolgente e i colori, ‘vivi e intensi’, di un viso già in grado di mettere allegria in chiunque se lo trovasse di fronte.
Un uomo di sport, più esattamente di calcio, gentile e leale con tutti ma anche sanguigno e verace come pochi, persino imponente con una mole onusta che incuteva un pizzico di soggezione.
Celebre il suo “Brunoooo!”, urlato a pieni polmoni a un proprio calciatore per richiamarlo ai dettami tattici e all’attenzione massima sul terreno di gioco capace di ottenere la ribalta nazionale – essendo trasmesso ovunque – e per cui oggi qualcuno ha scritto alla Domenica Sportiva che qualche anno fa proiettò l’esilarante video.
Una descrizione che riteniamo possa essere abbastanza esauriente per tratteggiare la figura di Vitaliano (Nuccio per tutti) Tolomeo. Che oggi è stato salutato per l’ultima volta nel giorno del funerale tenutosi nella basilica dell’Immacolata davanti a centinaia di persone.
Un addio triste e commosso a un ‘Mister Tolomeo’ stroncato da un infarto all’età di appena 59 anni. Un destino cinico, che già aveva colpito il padre lasciandolo orfano moltissimo tempo fa, ripetutosi quando nessuno se lo aspettava.
Il vulcanico Nuccio, del resto, era l’emblema dell’attività fisica; dello stare in calzoncini e maglietta in campo a correre e sudare, anche se lui ormai da diversi anni – complice qualche acciacco fisico di troppo – di parte atletica non ne svolgeva più personalmente, curando soltanto la tecnica e la tattica dei suoi ragazzi.
Del resto nel mondo del pallone c’era nato. Basti dire che abitava nella casa del custode (il papà) del vecchio Federale di Sala. Una vicinanza che lo spinse, da adolescente, ad avvicinarsi a quanto viene da sempre definito un ‘modo diverso di praticare una disciplina agonistica’: l’arbitraggio.
E con il fischietto in bocca ‘il signor Tolomeo di Catanzaro’ seppe fare carriera, una grande cavalcata fino all’odierna Can D. Dismesso dai ruoli per Noif (Normale Avvicendamento) dell’Aia, decise di intraprendere appunto la strada della panchina divenendo allenatore.
E da ‘trainer’ non fu meno bravo che da direttore di gara, sfiorando addirittura l’approdo tra i professionisti.
Ottimo, infatti, il suo ruolino, soprattutto con la Real Catanzaro del presidente Giuseppe Soluri divenuto poi patron dell’Uesse 1929.
Ma, evidentemente, il ‘viscerale e ruspante’ Nuccio sentiva più sua la dimensione del calcio dilettantistico e, cosa più importante, amava lavorare con i giovani.
Questo, però, non impedisce di magnificarne le doti. Che però restano, prima di tutto, umane ed è per tale ragione che, come premesso, la città si è stretta intorno a lui per tributargli l’ultimo commosso saluto oltreché per dare un forte abbraccio ideale all’adorata figlia e all’altrettanto cara nipote, da oggi purtroppo più sole.