Imperium

“L’uomo dei due mondi” raccontato dal figlio pentito: “Affari in Africa e contatti con ambasciatori”

Il collaboratore di giustizia Pasquale Megna svela ai magistrati della Dda di Catanzaro la rete globale del padre tra boss e diplomatici

Gli affari di Assunto Megna, principale indagato dell’inchiesta “Imperium”, non erano solo limitati a Nicotera o all’Italia, e non solo nel settore alberghiero. L’imprenditore ittico nicoterese aveva l’occhio lungo e questo lo aveva portato a tessere una vasta rete di contatti, anche all’estero, e a consolidarla nel corso del tempo anni, tant’è che questa toccava Argentina, Spagna e addirittura a Capo Verde, arcipelago di isole nell’Oceano Atlantico.

Le dichiarazioni del figlio pentito

Le dichiarazioni del figlio pentito

A raccontare tali circostanze è il figlio Pasquale, collaboratore di giustizia dal febbraio scorso, affermando che le attività avviate dal padre, ritenuto organico al clan Mancuso di Limbadi, si occupavano della lavorazione del tonno: “ Mio padre ha aperto una attività a Capoverde, in società con delle persone di cui non mi ha indicato il nome, avviando un capannone per la lavorazione del tonno e, procedendo all’acquisto o all’affitto di alcune imbarcazioni utilizzate per la pesca del tonno. Di questa vicenda sono venuto a conoscenza per puro caso, al momento in cui ha avuto inizio la pandemia. In quell’occasione, mio padre mi disse che da un anno o un anno e mezzo circa aveva avviato quell’attività e che a causa del Covid stava avendo delle difficoltà. In seguito, in occasione di suoi viaggi a Capoverde, mi ha anche mandato dei video e delle foto del capannone, ma non so dire quale sia il nome della società o se ci sia una insegna. Mi ha anche portato un cappellino da Capoverde”.

I contatti “diplomatici” di Megna

Non solo i traffici ittici. Assunto Megna avrebbe anche frequentato funzionari di Paesi esteri sia europei che, anche in questo caso africani. Ed è sempre il figlio a raccontare la circostanza alla Dda: “Mi viene chiesto di riferire in merito agli ambasciatori, frequentati da mio padre, di cui parlo negli appunti del 4 marzo 2023. Nel merito ricordo di aver conosciuto tale Don Aleandro, della Guinea Equatoriale, e tale Eugenio, che dovrebbe essere l’ambasciatore italiano in Romania (trattasi di un uomo robusto, che ha sposato una brasiliana, da cui ha avuto un figlio e che forse è originario di Venezia). Non so dire se mio padre abbia mai presentato queste persone a Luni “l’ingegnere” posso tuttavia aggiungere che lui viaggiava spesso per lavoro: andava in Spagna per trattare di pesce spada, in Marocco per il polipo e in Argentina per il gambero. Andava anche in Guinea. Inoltre, prima del covid, so che mio padre ha aperto un capannone utilizzato per custodire le tonnare, insieme a delle persone. Tra queste vi era un socio, che viveva nell’isola di Capoverde. Ricordo che, una volta, questo socio è venuto qui a trovarlo”.
A riscontro delle dichiarazioni di Pasquale Megna, con riferimento ai rapporti intrattenuti dal padre con i soggetti indiati come tale “Don Aleandro” e “tale Eugenio”, gli investigatori dell’Arma di Joppolo hanno svolto un’attività di appostamento che ha portato ad identificare compiutamente i due soggetti in Eugenio Caligiuri, nato a Sydney (Australia) a quel tempo indicato come Console Onorario, iscritto all’Aire dal 1983 e Don Leandro Mbomio Nsue, nato a Mbea-Nsomo (Repubblica della Guinea Equatoriale) – nessuno di loro è indagato – che ricopriva in quel periodo la carica di “Presidente del Consiglio di Investigazione Ct”. Questi sono stati notati il 23 giugno 2007, presso l’“Hotel Cliffs” di Joppolo, in occasione della manifestazione “Premio Calabria che Lavora”, durante la cena organizzata per l’occasione, al tavolo con lo stesso Megna; inoltre, il giorno successivo, l’indagato era stato nuovamente notato a cena, sempre nel medesimo hotel, unitamente ai due funzionari stranieri. (f.p.)

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