Maestrale, dalle presunte collusioni con i clan all’assunzione della nuora: le accuse a Cesare Pasqua

Secondo la Dda di Catanzaro avrebbe favorito locali di 'ndrangheta dei Mancuso e dei Fiarè "pur non essendo stabilmente inserito nel sodalizio criminale"

Ex direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Asp, ex consigliere comunale ma anche candidato a sindaco di Vibo. C’è anche il nome di Cesare Pasqua, dirigente medico e volto noto della politica vibonese, tra i 167 indagati coinvolti nella maxi-inchiesta della Dda di Catanzaro, nome in codice “Maestrale”. E’ accusato di aver fornito “un concreto, specifico e consapevole contributo” ai locali di ‘ndrangheta di Limbadi e San Gregorio d’Ippona rispettivamente guidate dalle famiglie Mancuso e Fiarè “pur non essendo – specifica il capo di imputazione – stabilmente inserito nel sodalizio criminale”.

Le accuse a Cesare Pasqua

Le accuse a Cesare Pasqua

Per gli inquirenti Cesare Pasqua, oggi in pensione, avrebbe favorito la ‘ndrangheta “mediante l’abuso e il mercimonio della funzione pubblica ricoperta” consentendo alla criminalità organizzata vibonese di infiltrarsi negli affari di proprio interesse e “intervenendo in favore del sodalizio in occasione di problematiche burocratiche sorte nell’ambito di procedure amministrative di competenza dell’Asp, ovvero di controlli e/o sequestri amministrativi posti in essere nei confronti di imprese di interesse delle cosche”. Per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che hanno coordinato le indagini condotte sul campo dai carabinieri Pasqua avrebbe favorito il sodalizio mafioso “con riferimento allo specifico settore della gestione del ristoro ospedaliero per i nosocomi di Vibo Valentia, Tropea e Serra San Bruno, nel cui ambito l’indagato riconosceva il ruolo di Gregorio Coscarella, adeguando la propria azione amministrativa agli equilibri mafiosi da quest’ultimo garantiti, anche ostacolando imprenditori del settore non riconducibili al ‘sistema’ spartitorio realizzato dal Coscarella, oppure, al contrario, agevolando quegli imprenditori che godevano del suo benestare, come nell’occasione in cui favoriva illecitamente l’affidamento del servizio di mensa ospedaliera dei nosocomi ricadenti nella competenza dell’ASP di Vibo Valentia all’azienda dell’imprenditore Domenico Colloca, quest’ultimo associato alla ‘ndrina di Paravati e a disposizione del capondrina Michele Galati, solo a seguito della interlocuzione con Coscarella che si determinava in tal senso”. In tutto questo, Pasqua avrebbe ottenuto in cambio “protezione mafiosa per la risoluzione di problemi e, in occasione di competizioni elettorali che vedevano candidato il figlio Vincenzo, l’appoggio elettorale, in favore di questi, delle cosche di `ndrangheta da lui agevolate”.

L’assunzione della nuora

Pasqua è anche accusato di abuso d’ufficio nell’ambito di una vicenda che ha avuto anche una ribalta nazionale con un’apposita inchiesta delle Iene, il popolare programma televisivo di Italia1. In qualità di direttore del reparto di medicina del lavoro dell’Asp di Vibo Valentia e presidente del Comitato Consultivo zonale dei medici specialisti ambulatoriali (tra le cui attribuzioni vi era quella di gestire tutte le nomine di medicina specialistica asseritamente necessarie al fine di garantire una migliore efficienza del servizio) in spregio alle regole di condotta – scrivono gli inquirenti – espressamente prevista dalla disciplina di settore avrebbe omesso di astenersi in presenza di “un interesse diretto della propria nuora Serena Velocci, dapprima simulando e poi dissimulando la sussistenza di un interesse pubblico al reclutamento di una unità di lavoro presso il reparto di medicina del lavoro”. Per la Dda così facendo avrebbe procurato alla nuora “un ingiusto vantaggio costituito dall’assegnazione all’Asp di Vibo”. Abuso d’ufficio con tanto di aggravante mafiosa “avendo agito – sostengono i magistrati guidati da Gratteri – al fine di favorire l’insediamento all’interno del Asp di Vibo in vista del proprio pensionamento di un soggetto di propria fiducia attraverso il quale, continuare ad agevolare e rafforzare il sodalizio ‘ndranghetistico”.

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