Maggioranza al Comune di Catanzaro: ‘Calati juncu ca passa la china’

di Danilo Colacino – ‘Calati juncu ca passa la china’ o, se preferite, piegati giunco finché non è passata la piena. Uno dei più antichi proverbi siciliani che sostanzialmente insegna a fare fronte alle difficoltà. Sempre. Il Verbo per chi vuole cimentarsi nell’agone politico.

E fra questi c’è – sine dubio – Sergio Abramo, malgrado si schernisca puntualizzando di essere un amministratore prestato alle Istituzioni. Falso. Perché è sì un bravo amministratore, e comunque la si pensi gli va riconosciuto, ma è anche scaltro e capace come pochi quando si tratta di tessere trame per arrivare all’obiettivo che si prefigge di centrare.

E fra questi c’è – sine dubio – Sergio Abramo, malgrado si schernisca puntualizzando di essere un amministratore prestato alle Istituzioni. Falso. Perché è sì un bravo amministratore, e comunque la si pensi gli va riconosciuto, ma è anche scaltro e capace come pochi quando si tratta di tessere trame per arrivare all’obiettivo che si prefigge di centrare.

È così. Eccome se lo è. Basti pensare a quanto sta accadendo adesso nella sua maggioranza in consiglio comunale in cui di ondate di piena, per restare al nostro incipit in gergo siculo, ne stanno arrivando a iosa, ma senza disarcionare il Sergio sindaco, che naturalmente in uno con l’Abramo presidente della Provincia, punta dritto al Sergio Abramo governatore.

Filato come un treno in corsa. Unico problema per lui il capostazione, che nel caso di specie ha le sembianze di Mimmo Tallini. Uno spesso artefice di autentici capolavori di mediazione per portare la squadra in cui milita al successo, tuttavia non altrettanto incline a tollerare limitazioni poste al suo agire politico. Un lavoro che – ha peraltro tenuto a precisare a noi di calabria7.it, criticando un commento espresso in un articolo – “è esclusivamente vocato al perseguimento dell’interesse della città a scapito di quello personale”.

I duelli a distanza. Sia come sia, al netto dunque dei piani di Abramo e di Tallini, difficile negare da parte di chiunque appartenga al civico consesso che negli ultimi mesi siano all’opera due, se non addirittura tre, maggioranze.

Compagini diverse all’interno di uno stesso schieramento tenuto insieme da un paio di decisivi fattori coagulanti: la voglia di non suicidarsi – politicamente parlando, sia chiaro – mandandosi a casa da soli anzitempo per screzi sì seri, ma tutto sommato sormontabili, e l’odore della vittoria che il centrodestra fiuta in vista delle Regionali. ‘Calma e gesso allora’, si ripetono mentalmente i protagonisti mentre litigano perché si può sempre polemizzare a vittoria acquisita semmai.

Ma le schermaglie ci sono. E le fibrillazioni pure. Basti pensare ad Abramo, talvolta una Sfinge nell’ascoltare certe critiche, che se in Consiglio guarda in direzione di Giovanni Merante e Antonio Triffiletti somiglia quasi a Russel Crowe ne Il Gladiatore quando dice: “Al mio segnale scatenate l’inferno”. È pur vero, però, che – per dirla con l’istrionico Luigi Necco del vecchio 90° Minuto… – “se Milano chiama, Napoli risponde”. Ed ecco allora che il convitato di pietra Tallini, nel caso di specie auto-esiliatosi dall’assemblea cittadina a cui ha deciso di non ricandidarsi dopo decenni di presenza ininterrotta, il quale si aggiorna costantemente sull’andamento della seduta qualche imbeccata la dà.

E quasi sempre facendo avvenire il patatrac come ad esempio ieri allorché un’irriducibile Manuela Costanzo ha chiesto a più riprese l’espulsione, per così dire, dal gruppo forzista di Merante e Triffiletti. Entrambi invece salvati dal ‘cartellino rosso’ dalla protezione salvifica di un Abramo che nemmeno ci pensa ad abbandonare i fedelissimi al loro destino.

E la terza maggioranza? C’è, ma è come se non ci fosse, nel senso che somiglia a un fiume carsico pronto a spuntare fuori, ma solo quando serve. Di chi parliamo?

Domanda legittima per i non addetti ai lavori. Semplice: della folta pattuglia di Catanzaro da Vivere che con il già senatore Piero Aiello e il consigliere regionale Baldo Esposito, sulla tolda di comando seppur dall’esterno, sembrerebbe aver da tempo incassato – flirtando il sindaco – l’investitura ufficiale del Capitan Futuro o del Daniele De Rossi del centrodestra: quel Marco Polimeni che da presidente del civico consesso parrebbe dover fare appena un passettino per accomodarsi sulla poltrona di sindaco.

Niente male per una lista che tra presidenza dell’assemblea, assessorati di peso e ambiti posti di ‘sottogoverno’, ha ottenuto un ruolo di primo piano nello scacchiere di Palazzo de Nobili e non solo.

Capitolo opposizione. Da che mondo è mondo i giornalisti dovrebbero fare le pulci soprattutto a quanti sono al potere, altro che storie.

Ma ciò non significa non raccontare i fatti. E i fatti dicono che la minoranza è tutt’altro che coesa. Lo ha del resto certificato ieri il leader di Fare per Catanzaro Sergio Costanzo, che dal microfono del ‘suo banco’ ha così risposto ad Abramo: “Noi? Mai stati uniti”, quasi mutuando il titolo di un simpatico film dell’indimenticato Carlo Vanzina.

Chiaro il riferimento a una coalizione che dopo la sconfitta elettorale del giugno 2017 si è rotta in tanti pezzi, diventando come l’Italia preunitaria divisa in vari Statarelli.

Chiunque frequenti il Consiglio sa infatti che…a cantare e portare la croce (lo stile è da cronisti sportivi anni ’80), nel centrosinistra siano lo stesso Costanzo e l’ex aspirante sindaco Nicola Fiorita affiancati dai vari Fabio Celia, Gianmichele Bosco, Cristina Rotundo, Roberto Guerriero e Libero Notarangelo.

Assai meno battaglieri gli altri con in particolare un Eugenio Riccio che sembra né essere organico all’altra squadra, almeno non ancora, ma di sicuro neppure simpatizzante di quanti la combattono.

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