Magna Graecia Film Festival, bagno di folla per Richard Gere all’Arena Porto di Catanzaro (VIDEO)

"Non prendo alla leggera il fatto di essere stato qui, per me è un onore essere ospitato in un festival come questo". Commovente l'abbraccio finale tra il noto attore e Casadonte

di Antonio Battaglia – Arena Porto di Catanzaro gremita in ogni ordine di posto per assistere all’atteso talk con protagonista Richard Gere. Il noto attore di Hollywood, ospite di lusso del Magna Graecia Film Festival, ha incantato il folto pubblico catanzarese con riflessioni e aneddoti sul cinema. L’esordio della chiacchierata è tutto dedicato al suo amore per l’Italia: “Sono cresciuto in una cittadina molto, molto piccola nello stato di New York vicino a Syracuse, New York, ma una piccola città, Siracusa! Ed eravamo tutti di origine anglosassone, ma c’erano due famiglie italiane in città, e siamo sempre rimasti stupiti. Sapevano vestirsi molto bene e sapevano come mangiare. La mia prima volta in Italia è stata a Positano, a casa di Franco Zeffirelli. In quel periodo c’erano pochi turisti e si vedevano la baia di Positano, le barche, le luci che si spostavano. Sembrava un film di Fellini: eleganza, semplicità, grande anima. Questa è stata la mia prima introduzione all’Italia. Poi sono tornato a Positano in occasione del Giffoni Film Festival: ero a cena col proprietario dell’albergo in cui alloggiavo e all’improvviso da un angolo della stanza vidi apparire il viso della mia futura moglie. Lì mi innamorai immediatamente, mi sentii a casa”.

Poi, sulla Calabria: “Conosco solo la storia di questa regione, ma ho la sensazione che il Sud sia diverso dal Nord. E’ difficile da descrivere, come se ci fosse un silenzio profondo. So che i turisti non hanno ancora abbracciato molto questa parte dell’Italia, ma forse è meglio custodire il suo panorama mozzafiato come un segreto, in maniera che rimanga intatto”.

Poi, sulla Calabria: “Conosco solo la storia di questa regione, ma ho la sensazione che il Sud sia diverso dal Nord. E’ difficile da descrivere, come se ci fosse un silenzio profondo. So che i turisti non hanno ancora abbracciato molto questa parte dell’Italia, ma forse è meglio custodire il suo panorama mozzafiato come un segreto, in maniera che rimanga intatto”.

Gli aneddoti su “Ufficiale e gentiluomo”

Gere svela poi curiosi retroscena sul film “Ufficiale e gentiluomo”, uscito nelle sale quarant’anni fa e proiettato all’Arena dopo il talk: “Quando ho recitato in questo film avevo appena passato i 30 anni. Incontrai il regista in un ristorante e lessi la sceneggiatura, ma avevo la sensazione che fosse eccessivamente sentimentale. Poi però pensai di poter portare qualcosa al copione, invece di ricevere passivamente. Dunque decisi di fare il film, sentivo che poteva esserci qualcosa di viscerale ed emotivo. Abbiamo lavorato tantissimo – ha detto l’attore -, sono molto fiero di questo film perché è ancora molto contemporaneo. Tutti noi attori eravamo in una forma straordinaria, mia moglie avrebbe dovuto conoscermi a quei tempi. Ma, a dire la verità, sono tuttora in una buona forma…”.

L’attore regala al pubblico catanzarese un aneddoto inedito sul celebre lungometraggio: “Avevamo lavorato molto sodo per imparare tutte le mosse di karatè. Stavamo girando una scena con il sergente, interpretato da Louis Gossett, però lui non era a conoscenza della routine che avevamo deciso di fare. Io mi arrabbiai e gli diedi un calcio piuttosto forte, lui si infastidì e se ne andò. Col regista facemmo una serie di telefonate per cercare un sostituto, che trovammo a New Orleans. L’attore venne sul set e imparò tutte le nostre routine. Ecco, non tutte le scene del film erano di Louis Gossett”. Poi, sul mancato sostegno della Marina al film: “Il ruolo di mio padre era quello di un ubriaco, donnaiolo. Non proprio l’immagine ideale per la Marina, che tra l’altro non ci concesse l’utilizzo di un importante macchinario dal valore di 2 milioni di dollari per girare alcune difficili scene”.

Pandemia e cinema

Poi, in merito alle conseguenze della pandemia sul mondo del cinema: “E’ stata una dura sfida per tutti noi. In questi anni non ho fatto film un po’ per il pericolo del virus, un po’ per il rigido protocollo che non rendeva piacevole il lavoro. Viviamo in una grossa campagna fuori da New York e tutti quelli che lavoravano con noi si sono trasferiti a casa nostra. E’ cambiato non solo il mondo fisico intorno a noi, ma anche le nostre emozioni che sono chiuse in noi stessi. Per un bel po’ la gente ha smesso di andare al cinema e sono un po’ scettico sulla direzione che stiamo prendendo: le storie non si possono costruire con algoritmi o computer, ma si raccontano intorno al fuoco. Ecco, temo che ci stiamo allontanando da quel potere di condividere le storie”.

L’abbraccio con Casadonte

In conclusione, il noto attore torna sul festival: “Non prendo alla leggera il fatto di essere stato qui, per me è un onore essere ospitato in un festival come questo. Oggi Gianvito ci raccontava la storia di questo festival, si è commosso e ha iniziato a piangere. E son venute le lacrime anche a me: è un istinto così dolce l’idea di organizzare un festival nella propria comunità”. Commovente poi l’abbraccio con lo stesso Casadonte, che gli ha consegnato la Colonna d’Oro alla carriera, premio realizzato dal maestro orafo crotonese Michele Affidato.

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