Mano pesante della Dda di Catanzaro sui narcos di Guardavalle: chieste 15 condanne (NOMI)

Invocate pene dai venti agli otto anni di reclusione per i 15 imputati giudicati con rito abbreviato coinvolti nell'inchiesta Molo 13

di Gabriella Passariello- Condanne pesanti sono state invocate dal pm della distrettuale Debora Rizza per 15 imputati, giudicati con rito abbreviato coinvolti nell’inchiesta Molo 13, scattata ad aprile dello scorso anno e che ha visto impegnate due Procure, quella del capoluogo calabrese e quella di Firenze, portando all’arresto di 23 persone tra Calabria e Toscana con le accuse di associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, commercio di droga e detenzione di arma da fuoco. Un’inchiesta che mira a far luce su contatti diretti con i narcos colombiani, fiumi di cocaina dell’ordine di oltre 1.200 chili alla volta da distribuire in Australia, Nuova Zelanda, Turchia, Regno Unito e Slovenia.

Le richieste di pena

Le richieste di pena

Il pubblico ministero davanti al gup Antonella De Simone ha invocato pene comprese tra i venti e gli otto anni di reclusione chiedendo per Agazio Andreacchio, di Guardavalle, 11 anni di reclusione; Giuseppe Bava, di Guardavalle, 11 anni di reclusione; Nicola Chiefari, di Guardavalle, 20 anni di reclusione; Emanuele Fonti, di Messina, 14 anni di reclusione; Bruno Gallace, di Guardavalle, 18 anni;  Nicola Guido, di Catanzaro, 12 anni; Mario Palamara, di Melito Porto Salvo, 8 anni; Benito Andrea Riitano, di Soverato, 14 anni; Francesco Riitano, di Guardavalle, 20 anni di reclusione; Paolo Riitano, di Catanzaro, 15 anni di reclusione; Agazio Andrea Samà, di Guardavalle, 11 anni di reclusione; Gianluca Tassone, di Vibo Valentia, 8 anni; Francesco Taverniti, 15 anni, di Guardavalle; Domenico Vitale, (45enne) di Guardavalle 15 anni; Giuseppe Vitale, di Catanzaro, 18 anni di reclusione. Il giudice ha aggiornato l’udienza al prossimo 8 giugno.

Guardavalle il centro del business

Secondo le ipotesi di accusa, la mente del narcotraffico internazionale era a Guardavalle, versante jonico catanzarese e a gestire l’imponente giro d’affari sarebbero stati i Gallace, sotto le direttive di  Cosimo Damiano Gallace, 60 anni di Guardavalle, (già rinviato a giudizio), la cui latitanza, dopo circa un anno, è terminata all’alba del 7 ottobre dello scorso anno, catturato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro, guidati dal colonnello Roberto Di Costanzo, coadiuvati dal Gis (Gruppo di intervento speciale)  e dallo Squadrone eliportato cacciatori Calabria (LEGGI QUI).

Da famiglia di ‘ndrangheta a impresa criminale

L’operazione denominata “Molo 13”, rappresenta l’epilogo di una complessa attività investigativa condotta dai Reparti speciali dello Gico di Catanzaro e dallo Scico della Guardia di Finanza di Roma, svelando un grave quadro indiziario nei confronti di esponenti di spicco della cosca di ‘ndrangheta radicata sul territorio di Guardavalle e riconducibile alla famiglia Gallace, che avrebbero messo in atto una ramificata organizzazione criminale transazionale con lo scopo di agevolare l’associazione di tipo ‘ndranghetistico, capace di pianificare ingenti importazioni di cocaina dal Sud America (Colombia, ma anche Brasile) e di “piazzarla” in Europa (Spagna, Olanda, Inghilterra e Slovenia), Nuova Zelanda e Australia.

Il nuovo volto dei Gallace

Un’inchiesta che ha portato anche a comprendere il nuovo volto dei Gallace: da semplice famiglia di ‘ndrangheta a vera e propria impresa criminale, attraverso numerose attività illecite che hanno consentito di accrescere la potenza militare ed economica del sodalizio e di acquisire un controllo sempre più penetrante del territorio della fascia ionica a cavallo delle province di Catanzaro e Reggio Calabria, con diramazioni nell’hinterland laziale, toscano e lombardo.

I messaggi criptati e il sequestro di cocaina

Le indagini, che si sono avvalse del contributo di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di inquadrare la rilevanza criminale del sodalizio nel traffico internazionale di stupefacenti, evidenziandone la capacità di interfacciarsi direttamente con i fornitori sudamericani per l’acquisto di notevoli quantitativi di droga. Avrebbero utilizzato, per il traffico illecito, metodi di comunicazione non convenzionali, con dispositivi elettronici, associati a sim straniere, che si avvalevano di tecniche di messaggistica criptata tra “account” e “domini” associati a un server sito in San José (Costarica). A seguito del sequestro da parte delle autorità olandesi di dati criptati con tecnologia non convenzionale, denominata PGP, estrapolati proprio da questo tipo di server, con la collaborazione del rappresentante italiano in servizio a Eurojust, è stato possibile utilizzare un numero formidabile di messaggi di posta elettronica, prevalentemente in lingua italiana, trasmessi da dispositivi BlackBerry, con la crittografia PGP. Con la decriptazione della messaggistica, da parte dello Scico e del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro della Guardia di Finanza, sarebbero emerse significative indicazioni sul modus operandi dell’organizzazione, identificando i sodali e ricostruendo numerosi episodi di commercio e importazione di sostanze stupefacenti, tra i quali l’importazione di una fornitura di oltre 150 chilogrammi di cocaina sequestrata nel maggio 2017 nel porto di Livorno, e per la quale, le chat scambiate tra le persone coinvolte, avrebbe consentito di rilevare che dalla Colombia era stato commissionato l’acquisto di circa 200 chili di cocaina. La droga complessivamente sequestrata, una volta lavorata ed immessa in commercio, avrebbe fruttato all’organizzazione oltre 3,5 milioni di euro sulle piazze di spaccio.

Il collegio difensivo

Impegnati a difendere i loro assistiti tanto nel rito ordinario che nell’abbreviato gli avvocati Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino, Natale Ferraiuolo, Sergio Rotundo, Domenico Concolino, Matteo Cereghino, Guido Contestabile, Beatrice Saldarini, Michele D’Agostino, Raffaella Graziani e Pamela Tassone.

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