Mantella racconta la guerra ai Cracolici e il piano per uccidere il super latitante Pasquale Bonavota

Le nuove dichiarazioni del collaboratore di giustizia in Rinascita Scott: dall'omicidio di Alfredo Cracolici all'agguato (fallito) del boss di Sant'Onofrio
Ndrangheta-cracolici-omicidio

Ucciso perché aveva iniziato a dare fastidio non solo ai Bonavota ma anche ai Vallelunga. Che gliel’avrebbero fatta pagare. È la sera del 9 febbraio del 2002 quando lungo una strada nel comune di Vallelonga avviene l’agguato mortale contro Alfredo Cracolici che si trovava in auto insieme al giovane Giovanni Furlano (ammazzato per errore). È il collaboratore di giustizia Andrea Mantella a raccontare i motivi e le fasi di quel delitto di 20 anni fa per come apprese “dal clan di Sant’Onofrio e dal cognato Antonio Franzè”. E sarebbe stato quest’ultimo, all’inizio, a “dirmi che l’hanno commesso i Bonavota da soli, senza il mio gruppo e senza specificare nome e cognome di chi ha agito materialmente” aggiungendo che comunque il fratello della vittima, Raffaele Cracolici “aveva preparato già un’azione di fuoco contro Pasquale Bonavota, che ai tempi vi frequentava un bar a Carmagnola, a Torino, per vendicare il congiunto”.

Alle origini della faida tra i Bonavota e i Cracolici

Alle origini della faida tra i Bonavota e i Cracolici

Rispondendo alle domande del Pm della Dda, Annamaria Frustaci, all’udienza di Rinascita Scott avente ad oggetto gli omicidi nel vibonese, il pentito racconta anche le motivazioni di quell’agguato, affermando di essergli noti “perché mi sono stati raccontati dettagliatamente da Domenico e Nicola Bonavota e da Francesco Fortuna, e attenevano al fatto che Cracolici, faceva degli abusi alla loro famiglia che consistevano in furti di bestiame alla nonna di Domenico Bonavota e alla mamma di Domenico Cugliari e Bruno Cugliari, rispettivamente con l’alias Michi Mela e Bruno Gioè. Cracolici poi rubò anche le mucche ad Antonino Lopreato, alias Ninu Famazza, e anche ruba un carro funebre alla ditta che era insieme a Pasquale Bonavota e allo stesso Domenico Cugliari a cui, addirittura, chiese il cavallo di ritorno dicendogli: “Se volete dietro il carro funebre mi dovete pagare la mazzetta, mi dovete dare la tangente”. Quindi, non sopportavano più tutte queste angherie subite e praticamente rafforzarono l’amicizia con Damiano Vallelunga trovando un po’ di ossigeno a livello criminale, perché a questo punto Vallelunga iniziò a sponsorizzarli, come poi successivamente ha fatto con me. Questo perché i Bonavota avevano perso territorio, anche se erano usciti vittoriosi nella guerra di mafia dell’Epifania, a vantaggio del clan Cracolici. Tant’è che prima i Bonavota erano stretti, strettissimi solo nel paesino di Sant’Onofrio, ancora non si era sviluppata la zona industriale su Maierato e non si era sviluppata la zona allo svincolo autostradale di Sant’Onofrio dove erano invece presenti i Cracolici più legati ai Matina, Bartalotta, Petrolo, che erano avversi ai Bonavota”.

L’omicidio di Alfredo Cracolici e “l’uomo vedetta”

L’incontro per preparare l’agguato avvenne durante “un pranzo al Mocambo” tra Mantella, “Domenico Bonavota e Francesco Fortuna, finito il quale siamo andati all’Angitola perché Bonavota aveva un appuntamento con un signore delle serre, vicino a Damiano Vallelunga, che era a bordo di una Pajero bianca, vecchio modello, ricordo che aveva un girocollo vistoso in oro. Abbiamo parlato là, ci siamo salutati, così, io sono stato un po’ appartato, dopodiché siamo andati nelle campagne ma quel soggetto non c’era più però mi è stato detto che aveva pure concorso pure lui all’omicidio di Cracolici dando supporto logistico attraverso Vallelunga, che sapeva, che studiava tutti i movimenti di Alfredo che la sera, dopo aver chiuso gli animali nella stalla era solito andare a trovare l’amante, insomma, la compagna, a San Nicola da Crissa”. Un soggetto, questo, del quale Mantella non ricorda il nome ma precisa di averlo riconosciuto “al 101%” dall’album fotografico sottopostogli dalla Dda: “Lui studiava tutte le abitudini, tutti i movimenti di Alfredo Cracolici, era originario di San Nicola da Crissa o meglio da quelle parti lì, di uno di quei paesini limitrofi; aveva degli escavatorini, che sono quei mini Bobcat, con i quali eseguiva dei lavori sulla strada e aveva pure un’azienda boschiva. Quindi lavorando sulla pubblica via aveva la scusa per osservare le abitudini, i movimenti e gli orari del povero Cracolici, agendo su mandato di Vallelunga e questo dato me l’ha riferito in particolar modo Domenico Bonavota”. Quindi, secondo il pentito anche il boss dei Viperari delle Serre, ucciso poi nel 2007 a Riace, “ha voluto l’eliminazione di Cracolici, perché questi, con il pretesto che frequentava la zona di San Nicola da Crissa, si stava allargando nel territorio che era competenza di Vallelunga e con il quale ha avuto qualche attrito, anche perché si vantava dell’amicizia con Peppe Mancuso, alias “Mbroglia”, che addirittura aveva fatto un lungo periodo di latitanza anche all’interno della masseria dello stesso Cracolici, a Filogaso”. Quando questo signore annunciò la presenza di Cracolici il commando si mise in moto: “A sparare sono stati Domenico Bonavota, Antonino Lopreato, alias Ninu Famazza e Bruno Cugliari. Sono stati loro al 100% e questo me lo dissero lo stesso sia Domenico che Nicola Bonavota che lo stesso Cugliari, nonché Francesco Fortuna anche se quest’ultimo non ha sparato, poi andò a recuperare la macchina dei killer, perché quando sono scappati sono finiti fuori strada e Francesco Fortuna è andato con un carroattrezzi per recuperare la macchina da quel boschetto con il verricello”. Ma Cracolici non morì sul colpo come invece successe a Furlano: “Era scappato dalla macchina – racconta Mantella -, mentre a rimanere inchiodato nell’auto fu il povero Furlano. Cracolici, e questo le dirò pure come lo so, è stato ricoverato all’ospedale di Serra e la sera si recò a trovarlo il fratello Raffaele (alias “Lele Palermo”, ndr) che si sentì svelare dal congiunto chi avesse sparato per poi rassicurarlo: “Vattene a casa, stai tranquillo, che io sto bene” ma di notte spirò. Questo lo so perché Raffaele Cracolici glielo ha raccontato a mio cognato Antonio Franzè che me lo riferì a sua volta”.

“Volevano uccidere Pasquale Bonavota”

Dopo l’omicidio i rapporti tra i Cracolici e i Bonavota, secondo il racconto del pentito, erano “un po’ tesi, però erano più di facciata, tuttavia i primi erano più preparati a livello di strategia rispetto ai secondi che poi si sono formati in questo campo successivamente all’omicidio dello stesso Raffaele Cracolici. E proprio Raffaele era più strategico, faceva buon viso a cattivo gioco, come se fosse che non aveva capito, mentre invece aveva preparato l’agguato a Pasquale Bonavota, a Carmagnola, dove questi frequentava sempre un bar di un tale Serratore, loro parente, o una cosa del genere, ecco”. Agguato che poi non venne messo in atto. Due anni dopo, quindi, l’uccisione di “Lele Palermo” e la fine – almeno ufficialmente – della guerra tra le due famiglie. (f.p.)

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