Manzini: “Clan mafiosi usano la religione per controllare il territorio”

I clan del crimine organizzato usano la religione per imporre il loro controllo sul territorio e sulla gente comune, tanto da dar vita a vere e proprie lotte per gestire e manipolare le processioni e gli eventi religiosi pubblici. A sottolinearlo, in una intervista al quotidiano “Avvenire”, Marisa Manzini, procuratore aggiunto di Cosenza.

Quella della ‘ndrangheta, ma non solo, è il tentativo di un vero e proprio asservimento della religione al sistema mafioso. “In una intercettazione per un omicidio di ’ndrangheta, si sente la vedova di un boss ucciso chiedere alla Madonna di aiutare i suoi figli a individuare i killer del marito per poter poi procedere nella vendetta. Una preghiera vera, come se si stesse chiedendo una grazia”, racconta Manzini, uno degli esperti che parteciperanno al Dipartimento promosso dalla Pontificia accademia mariana internazionale (Pami).

Quella della ‘ndrangheta, ma non solo, è il tentativo di un vero e proprio asservimento della religione al sistema mafioso. “In una intercettazione per un omicidio di ’ndrangheta, si sente la vedova di un boss ucciso chiedere alla Madonna di aiutare i suoi figli a individuare i killer del marito per poter poi procedere nella vendetta. Una preghiera vera, come se si stesse chiedendo una grazia”, racconta Manzini, uno degli esperti che parteciperanno al Dipartimento promosso dalla Pontificia accademia mariana internazionale (Pami).

La ’ndrangheta, “realtà criminale su cui da tempo svolgo indagini, scimmiotta molto nei propri riti, quelli legati alla Chiesa cattolica. Riti stravolti e uso di termini liturgici e sacramentali, come ‘Battesimo’”, sottolinea, “E anche all’interno della comunità si mostra grande attenzione alla religiosità popolare, ma per usarla come leva sulla popolazione e godere di un clima omertoso, se non addirittura connivente”.

“Ci sono vere e proprie lotte di potere tra i clan per riuscire a gestire queste processioni”, aggiunge, “Poter portare in spalla la statua della Vergine o di un santo patrono sono segni di potere e nello stesso tempo danno la sensazione alla popolazione che vi sia una vicinanza ai valori religiosi del territorio. Si comprende allora il rito dell’inchino fatto davanti alla casa del boss di turno. Ma, come detto, non è affatto vicinanza alla religione. Solo una leva per incunearsi nella società”.

Infatti “al Sud il legame con la Chiesa è molto più forte che al Nord. Il parroco è ancora una autorità nel paese. Ma si badi bene: da parte dell’ndrangheta l’uso della religione è soltanto strumentale, è un’occasione per ottenere benevolenza dalla gente, con una grande capacità di falsificare le reali intenzioni”. Inoltre “accanto allo sfruttamento del senso religioso della gente, c’è anche una distorta religiosità dei mafiosi stessi. Il caso della vedova che prega la Madonna perché i figli trovino i killer del marito e facciano vendetta è uno dei tanti casi che nella nostra attività investigativa ci siamo trovati davanti”.

Redazione Calabria 7

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