Mare sporco, liquami e pesci morti in Calabria. Il Wwf: “Ecco cosa sta accadendo”

Il responsabile scientifico del Wwf di Vibo Pino Paolillo prova a fare chiarezza su quanto sta avvenendo soprattutto lungo il litorale tirrenico calabrese

Mare sporco, cittadini indignati, turisti in fuga. Come accade ormai da anni, lo stato di salute del mare calabrese non è dei migliori ma poche volte come questa stagione le polemiche sono state così infuocate. Il responsabile scientifico del Wwf di Vibo Pino Paolillo prova a fare chiarezza su quanto sta avvenendo soprattutto lungo il litorale tirrenico. “Le tristemente note chiazze grigiastre che si vedono talvolta galleggiare sulla superficie dell’acqua, e che ricordano la schiuma cappuccino, sono causate da scarichi urbani (fogne) non depurati, vuoi perché il depuratore non funziona, o funziona male, vuoi perché le pompe di una stazione di sollevamento si sono rotte, vuoi perché c’è uno scarico abusivo di una struttura privata che scarica direttamente in mare oppure perché i fanghi residui della depurazione non vengono smaltiti secondo le norme. Naturalmente gli scarichi urbani non depurati non sono solo quelli dei comuni costieri, ma anche quelli dei comuni dell’interno, non dotati di depuratori che, attraverso i fumi, riversano il loro carico inquinante in mare. A questo si devono aggiungere tutti i fertilizzanti che vengono utilizzati in agricoltura e che, con il dilavamento operato dalle piogge autunno-invernali, finiscono anch’essi in mare”.

Cosa contengono liquami e fertilizzanti

Cosa contengono liquami e fertilizzanti

“Soprattutto – spiega Paolillo – dei sali minerali, in prevalenza del fosforo (fosfati) presenti nei detersivi per diminuire la durezza delle acque urbane, e dell’azoto (nitrati), frutto dei residui metabolici (feci e urine) umani e animali (specialmente dove ci sono grossi allevamenti di bestiame). Queste sostanze, nitrati e fosfati, sono indice del grado di “eutrofia” del corpo idrico (lago, fiume, palude, mare), cioè indicano lo stato di “nutrizione” o di fertilizzazione dell’acqua. Se le quantità di queste sostanze sono scarse (come in un laghetto alpino o come in alto mare), si parla di acque oligotrofiche, cioè “poco nutrite”, cioè poco fertili e quindi con una produzione primaria bassa, il che vuol dire che ci sono poche alghe microscopiche (fitoplancton) che le utilizzano; in caso contrario, quando la loro concentrazione, come accade in alcune aree costiere o in mari chiusi, è notevole, le acque diventano “eutrofiche”, letteralmente “ben nutrite”. Basti pensare al grande livello trofico dell’Alto Adriatico (che riceve l’apporto dei grandi fiumi, a cominciare dal Po), rispetto a quello ben più modesto del Tirreno, più aperto, più profondo, e con minore apporto fluviale)”.

Accade nel caso specifico che, in particolari condizioni meteomarine, miriadi di alghe piccolissime, fatte di una sola cellula, invisibili a occhio nudo, ma ben visibili al microscopio, e il cui insieme costituisce il cosiddetto fitoplancton, cominciano a riprodursi, passando da concentrazioni di poche cellule per litro fino a milioni di cellule per litro. “Le colorazioni anomale dell’acqua – aggiunge il responsabile scientifico del wwf – che si riscontrano in questi giorni dipendono pertanto dal tipo particolare di pigmento caratteristico delle specie di microalghe predominanti. Quindi il fitoplancton utilizza quelle sostanze nutrienti (fosfati e nitrati) presenti in mare come fosse del “concime”, favorito dalle alte temperature raggiunte dalla superficie del mare in estate, specialmente dove c’è scarso ricambio idrico, come nelle insenature, o nelle acque riparate dai pennelli o barriere frangiflutti , fino a dare vita ad autentiche “esplosioni demografiche”, note come fioriture o “bloom algali”. Quindi, questo processo noto come eutrofizzazione è una conseguenza dell’inquinamento da liquami e da fertilizzanti ed è ciò che determina le strane colorazioni del mare. In casi particolari si può verificare anche una condizione di scarsità di ossigeno dell’acqua che può causare anche la morte dei pesci per anossia, fenomeno determinato dal forte consumo richiesto dai batteri nel processo di decomposizione della biomassa vegetale planctonica”.

Cosa rischia chi fa il bagno

“Dal punto di vista sanitario – specifica ancora – c’è da ricordare che gli scarichi urbani, le cosiddette acque reflue, contengono batteri patogeni come i coliformi fecali, salmonelle, enterococchi, virus e protozoi, ma per fortuna in mare sopravvivono poco sia per la salinità che per il Ph non favorevoli. In ogni caso spetta all’ArpaCal verificare la presenza di eventuali agenti patogeni, come il batterio Escherichia coli o altri batteri di origine intestinale e, nel caso di concentrazioni superiori a quanto stabilito per legge, segnalare alle autorità comunali, l’obbligo del divieto di balneazione. Alla stessa Arpa spetta anche il compito di accertare se nel fitoplancton presente su alcuni tratti del nostro mare ci sono concentrazioni particolari o meno di una microalga di origine tropicale, l’Ostreopsis ovata che è stata osservata in diverse stazioni balneari italiane e che ha effetti potenzialmente tossici, ma non gravi, simili a una forma influenzale”.

Le possibili soluzioni

“Non penso di suggerire elementi straordinari, a cominciare dalla mappatura dei sistemi di depurazione di tutti i comuni dotati di impianti, della verifica puntuale del loro funzionamento e della loro manutenzione, della individuazione dei comuni che invece il depuratore non ce l’hanno proprio, trovando gli strumenti finanziari affinché si dotino di impianti efficienti, il controllo sullo smaltimento dei fanghi, il controllo sugli scarichi abusivi, sui pozzi neri, fino alla verifica costante degli impianti di sollevamento dei liquami, delle pompe e delle condotte. Infine un appello generale: se vedete uno scarico o la schiuma delle fogne galleggiare sul mare di gennaio o novembre, indignatevi, scrivete e denunciate come se fosse agosto. Forse tra qualche anno ci indigneremo di meno anche ad agosto”.

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