“L’inchiesta Archimede ha rappresentato per noi e per l’Arpacal una sberla notevole. È giusto che in queste circostanze si esalti l’attività della Procura a cui noi abbiamo sin da subito dato piena disponibilità per le attività d’indagine. E’ ovvio però che ho il diritto e dovere di difendere l’operato di quasi 300 dirigenti, chimici, ingegneri e tecnici che tutti i giorni lavorano e si adoperano per il controllo di tutte le matrici ambientali”. Lo ha affermato il dg dell’Arpacal, Domenico Pappaterra, durante la conferenza stampa organizzata che si è tenuta in Cittadella regionale sulla depurazione in Calabria.
“Le criticità riguardano l’Alto Tirreno”
“Le criticità riguardano l’Alto Tirreno”
“Noi operiamo quasi costantemente al fianco di tutte le Procure e di tutte le forze di contrasto della Calabria. Quello di ieri lo consideriamo un incidente di percorso. Chi è stato coinvolto mi auguro possa chiarire la sua posizione”. Il riferimento è all’indagine della Procura di Paola che ha portato all’esecuzione di 10 misure cautelari, tra cui un dipendente dell’Agenzia Regionale Protezione Ambientale Calabria. “Arpacal – continua Pappaterra – ha un ruolo di monitoraggio e di esame delle varie matrici, la funzionalità degli impianti o eventuali scarichi abusivi non sono riconducibili alla responsabilità nostra. Non mi iscrivo alla lista degli allarmisti e di chi fa di tutta l’erba un fascio. Sul Mar Ionio non è arrivata nessuna segnalazione di inefficienza fino ad oggi. Diverse le criticità, storiche, riguardano alcuni tratti del Mar Tirreno, l’Alto Tirreno in particolare, il tratto da Nicotera a Lamezia, attenzionato dalle due Procure competenti che hanno istituito una task force con l’Arpacal protagonista a supporto nelle attività di controllo. Ci sono – conclude il dg dell’Arpacal – scarichi abusivi, impianti malfunzionanti e sottodimensionati e non dimentichiamo, inoltre, che sul Tirreno c’è una pressione antropica impressionante. Da Tortora a Scalea fino a giù”.