di Mimmo Famularo – Il 3 luglio del 2006 mentre l’Italia si avviava a diventare campione del mondo, la provincia di Vibo Valentia veniva colpita da un’alluvione devastante i cui segni sono ancora visibili a quindici anni di distanza nelle frazioni di Vibo Marina e di Bivona. Da allora poco o nulla si è fatto per mettere in sicurezza un’area che resta ad alto rischio. Basta un acquazzone per far temere il peggio e far sprofondare nella paura chi ha vissuto l’incubo di quella giornata da diluvio universale. Il problema è sempre lo stesso e riguarda principalmente i torrenti che tagliano a due Vibo Marina e Bivona fino a sfociare nel mare. Tutti sanno ma in pochi si sono per davvero mossi nonostante denunce, esposti, segnalazioni. Non è una questione di soldi perché i fondi per rimettere in sicurezza l’intera area ci sono e sono stati stanziati a tempo debito. Le carte parlano chiaramente e indicano precisamente le responsabilità.
Il “balletto” delle ordinanze e le responsabilità dei tecnici provinciali
Il “balletto” delle ordinanze e le responsabilità dei tecnici provinciali
Con ordinanza n.97 del 19 giugno del 2009 la Regione Calabria metteva sul piatto oltre tre milioni di euro per l’esecuzione dei “lavori di ripristino dell’officiosità idraulica del Fosso Calzone”, uno di quei torrenti da tenere sempre sotto controllo. Quasi due anni, però, per mettere in movimento la macchina burocratica con la Provincia di Vibo che affidava al Consorzio Cooperative Costruzioni solo nel gennaio del 2011 i lavori di sistemazione della parte valliva del Fosso Calzone, che dovevano essere completati nel termine di 609 giorni dalla consegna. Nell’aprile dello stesso anno il commissario delegato della Regione Calabria emetteva una nuova ordinanza approvando il cronoprogramma dell’intervento che costituiva un vincolo per la stessa amministrazione provinciale a realizzare l’intervento entro e non oltre il 31 dicembre 2012. Il via ai lavori nel maggio del 2011, seppur parzialmente rispetto al progetto approvato. Tutto ok comunque per poco più di un anno. Da giugno 2012 un’inspiegabile ‘sospensione’ con ripiegamento del cantiere per il mancato raggiungimento di accordi tra il committente e Rfi in merito all’attraversamento ferroviario. Un intoppo che dura da oltre nove anni e per il quale i lavori di questo fondamentale intervento per la messa in sicurezza idraulica di Vibo Marina sono fermi. E mentre chi abita nelle frazioni marine di Vibo vive nell’incubo di una nuova alluvione, negli uffici dell’amministrazione provinciale di Vibo prosegue l’inerzia con i tecnici incapaci di superare le problematiche di natura organizzativa e tecnico-amministrativa connesse alla fase realizzativa dell’intervento.
Le altre tre “incompiute”
Oltre alla messa in sicurezza del “Fosso Calzone” ci sono altre tre “incompiute” che la Provincia non riesce proprio a portare a compimento per problematiche connessi agli attraversamenti dei corsi d’acqua che tagliano Vibo Marina in corrispondenza della linea ferroviaria Rfi. Si tratta di tre interventi già finanziati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con decreto che risale addirittura al 27 novembre del 2008. Soldi destinati al ripristino dell’officiosità idraulica del Fosso Cutura (La Badessa) dalla foce fino alla strada statale 522 per un importo di 1,5 milioni di euro; per quello del Fosso Galera (Antonucci) tra la linea ferroviaria e la statale 522 (disponibile un milione di euro); per il torrente Sant’Anna e la sistemazione idraulica del Fosso Libanio per 3,5 milioni di euro. In tutti e tre i casi questi interventi prevedevano la demolizione e la ricostruzione con adeguata sezione idraulica, dei tombini di attraversamento della linea ferroviaria “Eccellente-Rosarno”. Tutto fermo o quasi per il mancato raggiungimento di accordi tra la Provincia di Vibo, il committente ed Rfi per pastoie di natura burocratica e per la necessità di definire eventuali perizie di variante per tener conto di nuove e diverse lavorazioni rispetto a quelle previste nei progetti approvati. Il punto è che tra il decreto ministeriale che stanzia i fondi e il pericolo sempre attuale sono trascorsi oltre dieci anni. Di lavori di messa in sicurezza neanche l’ombra.
Le tre riunioni e i mancati impegni
Tutto ciò determina, oggi, un’inaccettabile situazione di perdurante rischio idraulico proprio in corrispondenza delle aree oggetto degli interventi mai portati a termine. Per risolvere le problematiche idrauliche connesse alla realizzazione dei quattro interventi di ripristino dell’officiosità idraulica dei torrenti La Badessa, Antonucci, Sant’Anna e Fosso Calzone (Rio Bravo), in corrispondenza dei rispettivi attraversamenti ferroviari, nei mesi tra ottobre 2019 e gennaio 2020, si sono tenute non una, non due ma addirittura tre riunioni tra la Regione Calabria (Dipartimento Infrastrutture, Lavori pubblici, Mobilità e Settore Protezione Civile), l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale, la Società RFI – Rete Ferroviaria Italiana, la Provincia di Vibo Valentia ed il Comune di Vibo Valentia. Nel corso dei tre vertici è stata acquisita la disponibilità di Rfi a programmare un’interruzione continuativa della circolazione ferroviaria di non meno di 60 giorni per consentire l’esecuzione degli adeguamenti dei tombini ferroviari, nonché a supportare i progettisti per la predisposizione delle perizie di variante, a condizione che i costi vivi per la demolizione ed il ripristino del binario vengano posti a carico del progetto. Tutto risolto? Assolutamente no. Ad oggi, nonostante gli impegni assunti al tavolo tecnico, l’Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia non ha inteso ancora dare seguito agli adempimenti di propria competenza mentre i cittadini di Bivona e Vibo Marina vivono nel terrore che possa ripetersi un altro 3 luglio.