di Antonio Battaglia – Alzi la mano chi non ricorda tutti quei fuorisede che, circa una settimana fa, hanno riempito la stazione di Milano alla ricerca disperata di un treno per tornare a casa. Per carità, gli affetti più cari vanno salvaguardati, ma obiettivamente sarebbe servito un briciolo di buonsenso in più.
Il decreto anti-pandemia emanato dal Governo ha generato un fuggi fuggi generale: la paura di non poter riabbracciare presto la famiglia ha, infatti, spinto migliaia di persone ad ammassarsi sui convogli diretti al Sud. Le immagini della fuga con le valigie in mano, simili alle scene descritte da Alessandro Manzoni nel suo celebre romanzo “I promessi sposi”, hanno generato vergogna e indignazione in tutta la nostra nazione.
Il decreto anti-pandemia emanato dal Governo ha generato un fuggi fuggi generale: la paura di non poter riabbracciare presto la famiglia ha, infatti, spinto migliaia di persone ad ammassarsi sui convogli diretti al Sud. Le immagini della fuga con le valigie in mano, simili alle scene descritte da Alessandro Manzoni nel suo celebre romanzo “I promessi sposi”, hanno generato vergogna e indignazione in tutta la nostra nazione.
Ebbene, oggi vogliamo raccontare chi nella zona rossa, diventata ormai blindatissima, ha deciso di restare, dimostrando uno spirito civico assolutamente encomiabile. E’ il caso di A.R., cresciuto a Vibo Valentia, che frequenta la facoltà di Ingegneria dell’Università di Bergamo. Un semplice ragazzo di venti anni, che ha scelto con fermezza di non accodarsi alla massa spropositata: “Non ho condiviso quello che hanno fatto i miei coetanei. Subito dopo il primo decreto emesso dal Governo, ho ritenuto doveroso rimanere a casa, evitando di portare giù il Coronavirus perché sarebbero stati guai” afferma in esclusiva ai microfoni di Calabria 7.
E i suoi genitori? “Inizialmente hanno sottovalutato il problema, chiedendomi di scendere a casa. Dopo un po’, hanno capito la gravità della situazione e, in effetti, il virus si è diffuso a macchia d’olio”. Dunque, testa alta e coraggio: “I primi giorni sono stati terribili. L’Esselunga piena di gente, ma priva di merce e, soprattutto, di Amuchina“.
La voce seria e sicura tradisce la tristezza di dover vivere disagi e paure insieme ai cittadini lombardi e delle altre città “blindate”: “Ora sono a Monza e trascorro la quarantena a casa della mia ragazza. Qui tutti indossano la mascherina, al supermercato fanno entrare venti persone alla volta e costringono a mantenere un un metro di distanza”.
A.R., fortemente amareggiato per il comportamento dei suoi coetanei, lancia un messaggio a tutti coloro che hanno raggiunto irresponsabilmente le regioni del Sud: “Il mio consiglio è quello di rimanere a casa e seguire le indicazioni dal Governo. Evitare contatti con persone anziane e assembramenti, rinunciando alle uscite e alle funzioni giornaliere che usualmente svolgiamo. Solo così potremo uscirne, tutti insieme”.
Redazione Calabria 7