Umiliata, offesa, esasperata al punto da essere costretta a scrivere sulle pareti di casa tutti i soprusi e le violenze inferte dal marito, minacciata con una mannaia “Se vai in Questura, poi ti faccio vedere io” e poi colpita alla testa da colui che avrebbe dovuto amarla. Con l’accusa di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali, il giudice del Tribunale monocratico di Catanzaro Maria Cristina Flesca ha condannato M. W. K. M. C. S. W., 44 anni, residente a Catanzaro, a tre anni di reclusione, accogliendo la richiesta del pubblico ministero, alla quale si è associato il difensore di parte civile Francesco Mancuso.
Le continue vessazioni
Le continue vessazioni
I fatti contestati risalgono a giugno 2016, l’imputato avrebbe aggredito la moglie senza motivo, per poi tirarle i capelli e non contento l’avrebbe colpita in testa provocandole un trauma cranico con ferita lacerocontusa del cuoio capelluto e contusione alla spalla sinistra. L’uomo avrebbe offeso la dignità della moglie ponendola in uno “stato di sofferenza morale e psichica tale da renderne la vita particolarmente dolorosa”, molestandola con continue chiamata al cellulare. Una storia di vessazioni protratte nel tempo, consumatesi all’interno delle mura domestiche, che hanno portato la donna a sporgere denuncia e a far scattare le indagini della Procura, poi l’epilogo del processo di primo grado, dove l’imputato è stato condannato a tre anni. L’avvocato difensore Andrea Silipo attenderà di leggere le motivazioni della sentenza per ricorrere in appello. (g. p.)