Minacciava di morte il procuratore di Paola, confermata la condanna per un crotonese

Secondo l’accusa, il presunto ‘ndranghetista minacciò il magistrato Bruni quando era sostituto procuratore a Crotone

La Corte d’appello di Salerno ha emesso una sentenza di condanna nei confronti di un crotonese accusato di aver minacciato il procuratore di Paola, Pierpaolo Bruni. L’imputato è ritenuto dagli inquirenti un esponente della ‘ndrangheta ed è accusato del reato di minacce, poi assorbito dall’ipotesi di reato di cui all’articolo 343, cioè oltraggio a un magistrato in udienza. I giudici di secondo grado hanno condannato l’imputato a due anni e otto mesi. Secondo l’accusa, il presunto ‘ndranghetista minacciò il magistrato Bruni quando era sostituto procuratore a Crotone.

Il magistrato è da tempo nel mirino dei clan e vive da tantissimi anni sotto scorta. Da sempre è oggetto di minacce, alcune confermate anche da diversi collaborator di giustizia. Il pentito, Angelo Cortese, rivelò agli inquirenti che «il dottore Bruni è a rischio di vita assoluta». Nel 2010 fu diffuso un messaggio che conteneva minacce di morte rivolte al magistrato: «Pierpaolo Bruni… ahahah… tu per noi sarai na muschiddra… tutto questione di tempo… a presto tu sarai raccolto con un cucchiaino… di te rimarranno solo le ceneri… Insieme ai tuoi carissimi pentiti Bumbaca e Marino». In realtà, le minacce di morte contro l’allora sostituto procuratore di Crotone erano contenute in un commento di un articolo, pubblicato su un sito on line, che riportava la notizia della confisca dei beni disposta dal Tribunale di Crotone nei confronti di due esponenti delle cosche locali, coinvolti nell’inchiesta “Heracles” della Dda. Ma è stato oggetto di minacce anche da quando è a capo della Procura di Paola. In particolare dalle carte dell’inchiesta “Tonno Rosso” sui presunti pirati del Tirreno cosentino emerse che uno degli avrebbe voluto “vendicarsi” del procuratore capo di Paola che, già una volta, lo aveva fatto condannare. Una vendetta meditata anche attraverso dei “piani” per delegittimarlo. Sono emblematiche alcune frasi, intercettate durante i colloqui in carcere, pronunciate più volte da lui e dai suoi parenti contro quel pm che tanti anni fa lo aveva fatto arrestare in un’inchiesta della Dda di Catanzaro.

Il magistrato è da tempo nel mirino dei clan e vive da tantissimi anni sotto scorta. Da sempre è oggetto di minacce, alcune confermate anche da diversi collaborator di giustizia. Il pentito, Angelo Cortese, rivelò agli inquirenti che «il dottore Bruni è a rischio di vita assoluta». Nel 2010 fu diffuso un messaggio che conteneva minacce di morte rivolte al magistrato: «Pierpaolo Bruni… ahahah… tu per noi sarai na muschiddra… tutto questione di tempo… a presto tu sarai raccolto con un cucchiaino… di te rimarranno solo le ceneri… Insieme ai tuoi carissimi pentiti Bumbaca e Marino». In realtà, le minacce di morte contro l’allora sostituto procuratore di Crotone erano contenute in un commento di un articolo, pubblicato su un sito on line, che riportava la notizia della confisca dei beni disposta dal Tribunale di Crotone nei confronti di due esponenti delle cosche locali, coinvolti nell’inchiesta “Heracles” della Dda. Ma è stato oggetto di minacce anche da quando è a capo della Procura di Paola. In particolare dalle carte dell’inchiesta “Tonno Rosso” sui presunti pirati del Tirreno cosentino emerse che uno degli avrebbe voluto “vendicarsi” del procuratore capo di Paola che, già una volta, lo aveva fatto condannare. Una vendetta meditata anche attraverso dei “piani” per delegittimarlo. Sono emblematiche alcune frasi, intercettate durante i colloqui in carcere, pronunciate più volte da lui e dai suoi parenti contro quel pm che tanti anni fa lo aveva fatto arrestare in un’inchiesta della Dda di Catanzaro.

I finanzieri captarono le conversazioni nelle quali, più volte, ha espresso progetti di delegittimazione ai danni del procuratore, usando parole piene di risentimento fino ad augurargli la morte. Frasi che gli agenti di polizia giudiziaria trascrivono in un’informativa che descrive un contesto di odio nei confronti di Bruni, un risentimento che parte da lontano. Cioè da quando, nel 2003, l’arrestato era finito nell’inchiesta “Tramontana” condotta dalla Dda e dallo stesso Pierpaolo Bruni, l’allora pm applicato alla Distrettuale antimafia che si occupava delle cosche del Crotonese. Quegli stessi clan che, più volte, hanno organizzato e pianificato attentati e progetti di morte contro il procuratore Bruni.

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