di Gabriella Passariello – Mortificata con continui atteggiamenti di comando nel tentativo di inculcarle la convinzione di essere una buona a nulla, offesa definendola “operaia, sai solo lavorare” e minacciata di morte “ti ammazzo”, soprattutto quando la stessa cercava di convincerlo ad affrontare e curare il suo problema di ludopatia. Ma è incapace di intendere e volere e i giudici del Tribunale collegiale di Catanzaro, presieduto Carmela Tedesco, Antonella De Simone, Francesco Vittorio Rinaldi, hanno assolto G. Z., 66 anni, nato a Simeri Crichi e residente a Catanzaro, accusato di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale nei confronti della moglie, accogliendo le richieste difensive degli avvocati Saverio Loiero e Andrea Gatto. Il collegio ha inoltre disposto per l’imputato la sostituzione della misura cautelare dei domiciliari in atto in una clinica psichiatrica del Catanzarese con l’applicazione della libertà vigilata per la durata di un anno da eseguirsi nella stessa struttura, dando il termine di novanta giorni per la motivazione della sentenza. Il pubblico ministero, al termine della requisitoria, aveva, invece, invocato un anno e due mesi per il reato di maltrattamenti in famiglia e l’assoluzione per incapacità di intendere e di volere per il capo di accusa relativo alla violenza sessuale.
Le minacce e le vessazioni
Le minacce e le vessazioni
Una storia di vessazioni iniziata nel 2004, l’uomo avrebbe picchiato la moglie e in una circostanza le avrebbe puntato addosso una bottiglia di vetro nel tentativo di colpirla, intimidita anche con un coltello, minacciando di morte non solo sua moglie, ma anche suo figlio. Le minacce sarebbero state continue e in un’occasione le avrebbe detto che avrebbe fatto esplodere le bombole di gas, tenute in casa, scaraventandole qualunque suppellettile a portata di mano. Ma c’è di più. Secondo le originarie ipotesi accusatorie, il 66enne avrebbe costretto sua moglie ad avere un rapporto sessuale completo contro la sua volontà, assumendo atteggiamenti aggressivi, minacciosi e stizzosi tali da rendere impossibile la convivenza, costretta finanche a chiudere a chiave la porta della sua stanza quando andava a dormire, per non correre il rischio di subire atti sessuali forzati, mentre il figlio continuava a stare in quella casa solo per paura che il padre potesse fare ancora del male alla madre.